Stamani, aprendo la posta elettronica, trovo una mail da un amico australiano. Una parola nell’oggetto attrae immediatamente la mia attenzione. Una parola che non ti aspetteresti mai da qualcuno che ti scrive di solito per parlare di noiose questioni contabili, fatture, pagamenti, anticipi, dare e avere. Questa parola è Mafia, proprio così, con la emme maiuscola.
Ecco come ci descrive ai suoi lettori il giornalista Nick Squires, corrispondente a Roma di The Age, giornale numero uno di Melbourne. Un quadro impressionante, per le cifre enunciate e per la freddezza analitica con cui parla di un fenomeno in piena espansione e dalla salute ferrea, al contrario di tutto il resto d’Italia.
La mafia è la più grossa azienda italiana, con un giro d’affari di 140 miliardi di euro, stando ad un autorevole rapporto.
I quattro gruppi costituenti la mafia sono usciti dalle loro tradizionali roccaforti e si sono diffusi in tutto il paese, sfruttando la crisi economica per accaparrarsi aziende malridotte e beneficiare dalle attività di usura.
Hanno a disposizione un patrimonio di 65 miliardi di euro di cartamoneta e profitti annuali per 100 miliardi, pari al 7% del PIL italiano, secondo uno studio fatto dalla Confesercenti.
Il tipico mafioso non è più un delinquente con mitra in spalla, ma un furbo uomo d’affari con lo smartphone ed una sofisticata conoscenza della finanza. La Mafia SpA è la prima banca italiana, con una liquidità di 65 miliardi, dice il rapporto chiamato La morsa della criminalità sul business.
Con la crisi le banche sono riluttanti a concedere prestiti, e la mafia ne ha tratto vantaggio, quando i disperati bisognosi di finanziamenti si sono rivolti a strozzini che chiedono tassi di interesse da usura.
Marco Venturi, presidente di Confesercenti, dichiara che lo strozzinaggio portato dalla crisi economica è diventato un’emergenza nazionale. Dalle nostre stime, nel 2010 l’usura ha costretto a chiudere 1800 aziende, con la perdita di migliaia di posti di lavoro.
I proprietari di piccole aziende con margini di guadagno ristretti e basso cash flow sono i più vulnerabili: più di 200.000 sono stati vittime di usurai. Ma hanno anche subito estorsioni, quando non direttamente rapine – per una media di un crimine al minuto.
L’influenza della mafia non si fa solo sentire nelle città più tradizionalmente note per tale fenomeno, come Palermo e Napoli, ma anche sempre di più nel ricco nord.
La Conferercenti, portavoce di 270.000 aziende medio-piccole, ha dichiarato che il nuovo governo tecnico di Mario Monti deve aiutare le imprese “a riguadagnare il territorio occupato dalla Mafia”.
Ma sarà una battaglia difficile. Il crimine organizzato controlla tutto, dalle scommesse clandestine all’edilizia, fino allo smaltimento dei rifiuti sia industriali che urbani.
Non c’è davvero di che essere allegri. Che dire? Visto che ogni tanto qualcuno sembra dimenticarsi che la mafia esiste e prospera, o magari a qualcuno fa comodo che l’italiano medio creda alle favole, allora grazie a Nick per questo prezioso promemoria. Se no, per cosa sono morti Falcone, Borsellino e tutti gli altri uomini di legge e giudici ammazzati dalle lupare e dalle bombe di mafia?