sabato 6 agosto 2011

Hiroshima: mon amour?

Scritto quattro anni fa. Attuale come se fosse oggi. Domandamoci: è cambiato qualcosa da allora? No. O forse sì: ma in peggio.

I morti insegnano ma i vivi non imparano

Siamo in tempo – ahimè – di commemorazioni. La strage di Bologna è stata appena ricordata da bloggers i più vari e da stanche cerimonie presiedute da autorità spossate dal caldo e dall’interruzione delle meritate vacanze.

Oggi è un altro giorno della memoria, per gente molto lontana da noi. Ma non per questo trascurabile.

La più colossale singola strage di civili al mondo è accaduta esattamente 62 anni fa. In Giappone. Per dare un’idea, i nostri 85 morti di Bologna vanno moltiplicati per mille, per enumerare quelli che si sono liquefatti, polverizzati, annullati, nel lampo di un secondo, ad Hiroshima.

Quella città è diventata antonomastica di tragedia nucleare. Di certo i giapponesi hanno fatto le loro, durante la seconda guerra, e prima ancora, in Asia. Non si sono fatti amare, non c’è dubbio. Ma le stragi, di Hiroshima prima e di Nagasaki tre giorni dopo, hanno segnato un cambiamento irreversibile nella maniera di combattere una guerra. E di terrorizzare il mondo.

Giova ricordare episodi del genere. Casomai qualcuno pensasse che con il nucleare si può scherzare.

I morti di Hiroshima sono stati quelli fortunati. C’è chi ha patito per mesi, o per anni, o per tutta la vita, le conseguenze mostruose e deformanti della prima bomba H sganciata su una città, su dei civili, sugli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che quotidianamente cercavano solo di sopravvivere in una nazione in guerra.

Ci sono state altre stragi da allora. Genocidi addirittura. La Cambogia di Pol Pot. Il genocidio Rwandese. Il Kosovo. L’undici settembre. L’Iraq e la sua guerra insensata con tutti ad aggiornare la quotidiana contabilità dei morti americani, e nessuno a contare le decine di migliaia di irakeni che la promessa democrazia non la vedranno mai.

Ma Hiroshima ha segnato una pietra miliare. I giapponesi sono stati gli unici ad avere il non invidiabile privilegio di vedersi piovere dal cielo un fungo atomico. A mostrare al mondo intero gli effetti raccapriccianti di un singolo gesto, quello di aprire il portello dell’aereo che ha sganciato il ragazzino (Little Boy, così era stata, con tragica ironia, chiamata la bomba) su una città. Che è stata rasa al suolo da un vento infuocato. La più alta mortale efficienza belligerante mai ottenuta dall’uomo.

Non ci sono purtroppo difese contro la follia umana. Questo scritto non servirà a proteggerci dal rischio che qualche fanatico decida di prendere a colpi di spingarda nucleare qualcun altro che gli sta sugli zebedei. Ma per lo meno servirà a ricordare di che nefandezze sia stato – e sia tuttora – capace l’uomo. I morti insegnano ma i vivi non imparano.


Prima pubblicazione : 6 agosto 2007

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