Sono passati esattamente quarant’anni da un giorno forse qualsiasi ma speciale. Il 15 agosto 1971 facevo – con notevole ritardo rispetto ai miei coetanei – la prima comunione. Nell’intendimento di quello spirito originale di mia madre, era giusto aspettare un po’ di più, perché i bimbetti a otto o nove anni cosa vuoi che capiscano di religione. Meglio a quindici, quando uno dovrebbe avere più consapevolezza del passo che sta intraprendendo.
La semplicissima cerimonia si svolse in una frugale chiesetta di Viareggio curata da una figura che mi fu familiare nell’infanzia. Un prete davvero singolare. Quindici anni fa gli dedicai un racconto. Inedito, lo pubblico oggi per ricordare Padre Ubaldo Maria Forconi.
Padre Ubaldo
Di te, prete viareggino, mi piacerà ricordare un episodio, sintomo certo di un modo di vivere la religiosità integrato in quelle che sono, nel bene e nel male, le tipiche abitudini dei toscani.
Eri seduto, in una calda ed umida mattinata estiva, fuori dall’uscio della pensione adiacente alla chiesetta della darsena viareggina che tu presiedevi. Il fazzoletto, pronto alla bisogna, detergeva frequentemente la fronte accaldata dal clima più che da qualche attività. Mi ero talora chiesto cosa ti avesse spinto, dall’interno della Toscana, dalle terre fiorentine da cui traevi origine, a venire a Viareggio, piuttosto che cercare il refrigerio di qualche piccola diocesi di collina, nel dolce casentino o nelle selve che salgono su verso la Romagna. Ma tant’è, lì eri, a patire il caldo marittimo.
Amavi intrattenere conversazione con chiunque, pecora appartenente o meno al tuo gregge, manifestasse l’inclinazione al colloquio. E, si sa, i toscani in generale sono estroversi e pronti allo scambio di opinioni.
In quella giunse lì, con il suo Apino ansimante e carico di derrate, l’uomo che quotidianamente recava verdure e frutta alle refezioni della zona. Non più giovane, secco ed allampanato, scaricò le cassette dovute. Poi salutò cordialmente il prete che ben conosceva. Pochi rapidi scambi di battute, su un tema che naturalmente non ricordo, ma che di certo lo accalorò, perchè, a dare più enfasi al suo discorso, ad un certo punto ci infilò una sonora bestemmia.
Ricordo bene che trasalii, attendendo una qualche reazione - non sapevo immaginare quale - del religioso. Accadde allora qualcosa di trascendentale, per chi toscano non è.
Padre Ubaldo, ti rivedo ancora come se fosse ieri, e sono passati circa venticinque anni da allora: ti battesti una gran manata su una coscia, con l’altra reiterasti il gesto di asciugarti la fronte sudata e, la testa reclinata indietro, scoppiasti in una gran risata. Poi ti volgesti verso di me, leggendo lo sconcerto nel mio viso, e mi dicesti: Senti lì, ci ha anche schiacciato un bel moccolo! (A sottolineare la forza icastica della frase, giova precisare che moccolo in toscano è sinonimo di bestemmia e che quindi schiacciare un moccolo, nel vivace vernacolo locale, equivale a bestemmiare).
Mi insegnasti, con quella piccola lezione, a saper perdonare e perfino ridere dei peccatucci che, diversi a seconda delle zone, sono talmente radicati che divengono abitudini, al punto da poterli considerare - perfino per un prete - veniali o addirittura neppure tali, mentre altri sono i valori da tenere da conto nel contatto col prossimo, come la voglia di comunicare, di capire, quando necessario di aiutare.
Padre Ubaldo, ora non ci sei più. Un piazzale, quello antistante lo stadio comunale di Viareggio, porta il tuo nome, a commemorare una lunga e valida catechesi nella zona. Di te, oltre alla dedica sul Vangelo che mi donasti quando feci la prima comunione, un giorno di agosto di tanti anni fa, e tu ne fosti l’officiante, porto con me il ricordo di quel piccolo ma grande insegnamento, esempio di tolleranza, di comprensione e di una mentalità vicina alle persone che costituivano il tuo gregge pastorale, sempre scevra da atteggiamenti alteri o presuntuosi, pronta al conforto più che al rimprovero.
Grazie, Padre Ubaldo.
Grazie, Padre Ubaldo.
Prima redazione : luglio 1996
Signore, dateci tanti Padre Ubaldo!
RispondiEliminaTesea
ciao Tesea,
RispondiEliminamagari da qualche parte ce ne sono ancora, di preti così. Ma io è da un po' che non ne trovo.
Grazie della visita e del commento, a presto,
HP
Salve, per caso ho trovato questo sito e mi ha davvero fatto tanto piacere che qualcuno si ricordasse con affetto di Padre Ubaldo dopo tanti anni. Per me era lo Zio Riccardo (il suo nome di battesimo) dato che era il fratello della mia nonna paterna. Era sicuramente un personaggio singolare come si deduce dal racconto e sicuramente non era bigotto !
EliminaCiao Zio Riccardo "Padre Ubaldo"
caro Anonimo,
Eliminagrazie della tua presenza. Sono lieto di conoscere - seppur virtualmente - un discendente di Riccardo Forconi, Padre Ubaldo. Ricordo benissimo che proprio Riccardo lo chiamava il fratello, che d'estate veniva a trovarlo a Viareggio, nella pensioncina adiacente alla chiesa. E con lui la figlia Franca, grande appassionata e intenditrice di opera, che intavolava dotte disquisizioni sulle migliori ugole con mio padre. Vecchi ricordi, ma sempre presenti in mente. E nel cuore.
Grazie della visita, spero di risentirti, a presto,
HP
ciao HP,
Eliminail fratello di Padre Ubaldo era mio zio Nello. Ti saluterò la Franca che sarà di certo molto felice e magari un po' sorpresa di questo tuo lontano e preciso ricordo.
Un saluto
Luca
ciao Luca,
RispondiEliminapiacere di risentirti. Vedi com'è selettiva la memoria. Non ricordavo il nome di tuo zio, Nello - ed ora che me lo hai rammentato, certo che mi riaffiora alla mente - ma la Franca, dopo tanti anni, me la ricordavo bene. Salutamela caramente. Se - come è naturale - non si ricordasse chi sono, dille Ferdinando, il figlio del colonnello. Sono certo che si ricorderà.
A presto, spero,
HP