sabato 30 giugno 2012

Una nazione, due sistemi

Esattamente quindici anni fa Hong Kong si ricongiungeva alla madre Cina. Dopo 150 anni di colonizzazione inglese.

Per ricordare com’era allora la città-stato, un’oasi di stile britannico circondata dal continente cinese, pubblico oggi un racconto inedito scritto nell’ottobre 1996, una manciata di mesi prima della fatidica data, con Carlo d’Inghilterra presente alla cerimonia: 30 giugno 1997.

Una sera alla stazione di polizia

Non ci vuole molto a trasformare la vettura più sicura in un ammasso di ferraglia. Così recita un poster in bella mostra sulla parete della stazione di polizia di Tsim Sha Tsui, Kowloon. Con in primo piano, davanti al citato mucchio di rottami in bianco e nero, un’allettante pinta di birra, la schiuma esuberante che trabocca oltre il bordo del bicchiere, madido e freddo come si conviene. Questo è il benvenuto al visitatore. Bel messaggio subliminale, penso. La spiacevole necessità di denunciare la perdita del portafoglio da parte di un amico cinese mi forza a visitare, un sabato sera, questo luogo di sicurezza e di soccorso.

Uomini e donne, tutti giovanissimi, gentili e professionali, quasi allegri del loro compito. Gli utenti attendono tranquillamente il loro turno seduti in alcune file di seggiole tipo sala conferenze, proprio dirimpetto al bancone dove almeno quattro poliziotti si occupano dei casi esposti. Sul fondo della stanza troneggia una foto a colori della regina Elisabetta e consorte Filippo, unica evidenza del fatto che – per ora e non per molto – Hong Kong è ancora un protettorato britannico. Ormai neppure le monete hanno più la testa della regina. Si è già passati al conio di spiccioli esibenti più neutri fiori, che tanto piacciono ai cinesi.

Passano alcuni agenti di rientro da un servizio di ronda. Nella loro uniforme verdina, spiccano il nero sia degli stivali anfibi allacciati a mezza gamba nonostante i trenta gradi della sera, sia del cappello, e soprattutto una cintura, anch’essa in tinta, da cui pende un armamentario incredibilmente vasto. Ogni pezzo ha la sua brava fodera. Ho contato un pistolone a tamburo, lo sfollagente, una pila di dimensione subacquea, le manette, la radio ricetrasmittente, il cui microfono è fissato alla bandoliera che dalla cintura stessa diparte, una borsina presumibilmente contenente penne e libretti per verbali, ed almeno altri tre misteriosi piccoli contenitori di chissà che cosa.

Una radio di servizio continua la cantilena cinese, informando i colleghi di crimini e misfatti. Rientra una graziosa poliziotta, la camicia marcia di sudore sulla schiena, si avvicina alla radio e intavola un dibattito con chi sta dall’altra parte dell’etere. Un’altra nel frattempo, fasciata da una uniforme color kaki, con vezzosa gonna al ginocchio, e con una clamorosa caduta di stile negli scarponi regolamentari con suola a carrarmato, sta stendendo a mano dei rapporti su di un incunabolo formato Divina Commedia illustrata da Dorè.

Non sembra di essere in una stazione di polizia. Manca completamente quella lieve, impercettibile ma fastidiosa sensazione di disagio che capita di provare da noi quando vai per denunciare qualcosa e temi sempre che alla fine si insinui che è colpa tua se ti è successo, anzi, è proprio sicuro che sia andata così?

La denuncia di uno smarrimento qui non ha quella nostra freddezza da pratica burocratica, l’appuntato che arranca sulla tastiera di una Olivetti meccanica d’annata, grossa e pesante come una locomotiva, ma in compenso molto più rumorosa.

I due ragazzi che raccolgono la deposizione del mio amico paiono due assistenti universitari che interrogano una matricola. Lo studente spiega, si aiuta con un foglio sul quale schizza alcuni appunti, i due professori lo prendono, se lo rigirano fra le mani, lo scarabocchiano ulteriormente, l’allievo prima espone i fatti, che loro scrivono, ascoltano e commentano, poi annuisce, come tutti gli studenti che vogliono ingraziarsi il docente che gli dovrà firmare il libretto con un voto. I due sorridono fra di loro in quella maniera riservata tipica dei cinesi, l’atmosfera è rilassata, l’esame è andato bene, chissà che voto gli daranno, il libretto - il passaporto superstite dello smarrimento - viene reso all’esaminando. Grazie ed arrivederci. Un sogno ad occhi aperti. Ho assistito ad una denuncia a due pubblici ufficiali e, complice il linguaggio tuttora misterioso, mi sembrava tutta un’altra cosa. Come un film muto, in cui capisci la trama dai gesti, non dalle parole. E puoi equivocare. Oppure puoi usare la fantasia, e decidere di leggere le immagini come meglio ti aggrada, libero dai vincoli delle parole, che spiegano, ma nel contempo limitano le interpretazioni.

L’ampia stanza è piena di luce, c’è rumore, si avverte la cordialità nell’aria, c’è un sorriso anche per quel buffo straniero là in fondo, è un quarto d’ora che scrive, che diavolo avrà da annotare su quello stupido blocchetto di appunti!?

Il 30 giugno 1997 Hong Kong tornerà alla madre patria cinese. Per ora il livello di civiltà e di civilizzazione è uno dei motivi che fa apprezzare ai numerosi europei residenti questa sovraffollata, caotica, indaffarata città-stato. Poi si vedrà.



10 commenti:

  1. Bellissimo, sembra quasi di sentire l'odore della poliziotta cinese. Hong Kong e' l'unica Cina che conosco, ricordo una romantica barca-ristorante per 2 rifornita da una barca-cucina. A quell'epoca era ancora inglese. Come la trovi oggi?

    Ciao HP, buon weekend

    dragor (journal intime)

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  2. Una nazione, due sistemi...leggendo la stampa,non mi sembra che si sia ancora realizzata la profezia di Deng xiaoping, 15 anni dopo la retrocessione Hong Kong aspetta ancora l'elezione del governatore a suffragio universale. In senso contrario, la profezia che diceva che Hong Kong sarebbe diventata una città cinese come le altre in qualche anno, non si è realizzata...la città ha commemorato Tien an men, Hu jintao non è il benvenuto dopo il suicidio sospetto del dissidente Li Wangiang...
    Bellisimo racconto...anch'io, come Dragor, vorrei il tuo parere 15 anni dopo...

    Alex

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  3. ciao Dragor,

    grazie della visita e del commento. E' una domanda impegnativa la tua. Proverò a risponderti. Apparentemente Hong Kong non è poi cambiata molto, esternamente. Stesso caos polveroso e stessa gente frettolosa per le vie. Stessa valuta, diversa da quella cinese. Stessa possibilità di fare il visto per il Regno di Mezzo, e nessuna necessità di visto per entrare nell'isola-stato.

    Ma è nelle manovre di lunga durata che i cinesi sono specialisti a condizionare vicini anche più ingombranti e imbarazzanti degli Honkies. L'educazione a scuola. La collocazione nei posti che davvero contano per il potere politico di personaggi graditi a Pechino. La stessa valuta, che una volta scambiava sopra il soldo di Pechino, ed ora invece perde terreno, rendendola sempre meno appetibile anche agli stranieri. Un costo della vita impossibile, che non si riflette più nelle opportunità dorate che offriva una volta il porto profumato.

    Ecco come vedo oggi Hong Kong. Malata di incinesimento. Un morbo che ti tramuta, dal quale non si torna indietro.

    Ciao, a presto,
    HP

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  4. Ciao Alex,

    grazie dell'intervento. Come ho detto a Dragor, non è facile giudicare Hong Kong con gli occhi dell'occidentale di passaggio.

    E' vero, nè è diventata una città cinese come le altre, nè ha ottenuto (e dubito lo otterrà a breve o anche a lungo termine) l'elezione diretta del governatore.

    Perchè Pechino vuole ben decidere lei chi mettere a comandare. E d'altro canto, HK non è diventata una città cinese perchè nel frattempo anche le città cinesi principali sono cambiate tantissimo negli ultimi 15 anni.

    Ecco, la gran differenza sta nel fatto che i cinesi sono abituati fin da piccoli ad una struttura militaresca e gerarchica, che si estende in tutti i settori della società, mentre gli Honkies hanno come retaggio libertà di stile inglese, tipo la possibilità di manifestare in piazza senza essere automaticamente fermati o arrestati dalla polizia per adunata sediziosa. Queste abitudini "democratiche" non si cancellano in un giorno. Ma Pechino non ha fretta. Guarda al risultato finale, dovessero volerci altri 50 - o 150 - anni per raggiungerlo.

    Ciao, a presto,
    HP

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  5. Come dire si stava meglio quando si stava peggio :-)

    dragor (journal intime)

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  6. ciao Dragor,

    questa è una battuta favorita dai nostalgici italiani che (senza averlo conosciuto) rimpiangono il ventennio. Mentre invece sono convinto che molti Honkies non pensino affatto che quindici anni fa si stesse peggio. Anzi. Ma così è la storia, e non si cambia. Hong Kong era destinata a tornare alla Cina, e così è stato. Che piaccia o meno agli Honkies.

    Ciao, a presto,
    HP

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  7. Godiamoci Hong Kong finchè è britishly vivibile, poi ci resterà sempre (si spera) Singapore.
    A proposito, quali sono le differenze e quali le affinità fra questi due avamposti?
    Tesea

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  8. ciao Tesea,

    difficile dare una risposta esauriente in un commentino. Ma proviamo a metter giù qualcosa.

    Certo tra le affinità l'eredità coloniale inglese. Il rispetto delle code e degli altri in generale. Una burocrazia efficiente (specie se confrontata con quella all'italiana), da fare invidia.

    Differenze? Hong Kong è certo meno asettica, più viva, ma anche più sporca. Singapore è la Svizzera dell'Asia. Ho cari amici che hanno sempre preferito HK all'opulento Nanny State. Io personalmente preferisco Singapore. Poi de gustibus...

    Grazie della visita, a presto,
    HP

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  9. Grazie, caro H.P. Hai illustrato in modo sintetico e esauriente le differenze caratterizzanti le due città-stato. Finora ne conosco superficilamente solo una, Singapore, dove vorrei vivere, anche per il suo clima di un bel caldo avvolgente.
    Cosa che non tutti apprezzano, lo so.
    Ciao
    Tesea

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  10. Ciao Tesea,

    ho provato a raccontare qualcosina. Forse di più affiora scorrendo alcuni dei miei racconti su entrambe le città stato.

    Di Singapore apprezzo ordine e qualità di vita. Il caldo, purtroppo, è troppo ricco di umidità per i miei gusti. Se no sarebbe quasi il posto ideale dove vivere.

    Grazie della replica, a presto,
    HP

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