domenica 25 agosto 2013

Bussole viventi

Mettiamo che il destino vi abbia fatto nascere in una famiglia il cui nome è un punto cardinale. E che voi e vostra moglie siate entrambi personaggi dello show business – roba da rotocalchi e reality televisivi – in America. Mettiamo infine che il vostro matrimonio venga allietato dall’arrivo di una frugoletta.

Quale genitore sarebbe così crudele da imporre alla neonata un altro punto cardinale come nome proprio? Lo so, sembra una barzelletta. Purtroppo non lo è. La pargola del signor Kanye West – e della signora Kim Kardashian – è stata chiamata North. Che legato al cognome, la rende North West. Praticamente Nord Ovest. Questa povera figliola – sempre che raggiunta l’età della ragione non lo cambi, stufa di esser presa in giro dai compagni di classe – si porterà appresso un appellativo che fa pensare più ad un’arteria periferica di grande scorrimento che un nome di fanciulla. Prendi la nord-ovest, che fai prima, in centro ci sono sempre ingorghi. E poi chi ha deciso che il nord è femminile?

Se il matrimonio durerà a sufficienza da mettere in cantiere altra prole, c’è da sperare che non vogliano completare il trittico, aggiungendo anche Sud Ovest e Est Ovest. Ci sono già dei meteorologi e dei nocchieri pronti a dar battaglia, rivendicando ai propri mestieri il corretto uso di tali denominazioni da rosa dei venti.




domenica 11 agosto 2013

Ispirazioni oniriche

Talvolta certi racconti prendono forma nei sogni. La mattina, quelli che mi ricordo ancora, ho l’urgenza di buttarli giù, prima che li perda nei meandri della memoria. Il mio amore per i formaggi stanotte ha preso delle forme inaspettate. Vedevo dei personaggi. Erano dei camerieri. Ognuno aveva un latticino a cui si abbinava.

Lo squacquerone – inconsistente ed amorfo come il detto cacio. Vagola per la sala senza un apparente perché. Quando gli altri si caricano di pile di piatti sporchi da ritirare, lui spilluzzica due o tre stoviglie qua e là, da clienti scelti a caso, e poi impegna percorsi tortuosi e illogici per tornare in cucina. O è timido o ha la testa altrove, perché non c’è verso di incrociare il suo sguardo, per pura necessità alimentare e non per desiderio di socializzazione. Per la legge di Murphy, il suo vassoio si svuota sempre all’ultimo commensale del tavolo prima di voi. Al che scompare in cucina e probabilmente riceve una telefonata da un aborigeno australiano, perché se ne perdono le tracce per un buon quarto d’ora. Lasciandovi ai morsi della fame, acuiti dai gridolini di apprezzamento dei vicini che stanno gustando deliziose specialità. Loro. Maledetti. Si ritiene debba essere un parente intoccabile o un raccomandato – o entrambi. È l’unica spiegazione che giustifichi la sua inane presenza in mezzo a colleghe che trotterellano servendo a ritmo di valzer, mentre lui sembra fermo ai lenti da discoteca anni settanta.

Il gorgonzola – la similitudine con il vivace formaggio padano è puramente olfattiva. Non si capisce se sia colpa della divisa, in grave ritardo sulla tabella di marcia verso la tintoria, o se dipenda direttamente da lui. Fatto sta che il suo avvicinarsi al tavolo è palese perfino ai ciechi. Altrimenti innocuo, e talora addirittura solerte, questo handicap lo rende inviso alla maggioranza dei commensali, costretti ad apnee tipo Maiorca in attesa che sia terminata la somministrazione degli antipasti misti dalla guantiera – con conseguente e fatale ampia sbracciata verso i piatti e ostensione ravvicinata dell’ascella mefitica. Tale situazione può assumere conseguenze letali in estate, in locali privi di aria condizionata.

Il parmigiano – il re dei formaggi per il re dei camerieri. La sua lunga militanza nel solito ristorante ne certifica l’indiscussa autorevolezza. Fatevi consigliare, sempre. Lui ha l’occhio lungo in cucina, e sa cose. Se vi raccomanda il pescato di paranza, lasciate perdere l’orata. Se vi propone i funghi trifolati, non insistete con una banale milanese. Un suggerimento non accolto può causare reazioni a catena. Perché il re è spesso permaloso e si offende se i suoi pregevoli pareri non sono accolti con approvazione e gioia dai commensali, o peggio ancora vengono snobbati a favore di banalità culinarie che lui rifugge come un panino di McDonald e la cui associazione con la sua ieratica figura lui trova disonorevole, al punto da mandare in sua vece il garzon giovine, per recare agli indegni deschi tali vergognose refezioni. Alla fine del servizio non dimenticate una generosa mancia, se avete intenzione di tornare di nuovo in quel ristorante. Non perché il re ne abbia necessità – è solo un concreto segno di apprezzamento. Inchini e riverenze, pur essendo anch’essi correnti gesti di omaggio all’autorità regale, non sortiscono purtroppo gli stessi benefici effetti presso re parmigiano. Quindi mano al portafoglio, tirchiacci.

E infine...

La mozzarella – fresca, giovane, allegra e gradevole. Come una vera mozzarella appena plasmata dalle mani sapienti del mastro casaro. Serve col sorriso sulle labbra. Ringrazia lei se riceve un piccolo gesto di cortesia dai clienti. È rapida ma aggraziata. Ogni portata è accompagnata da una parola gentile. Indossa un paio di occhiali troppo grandi su quel musetto simpatico. Se lavorasse negli Stati Uniti e non in questo paese di avaracci farebbe una fortuna in mance. Come gli altri ritratti, non è un personaggio immaginario. Ed è l’unica di cui dirò di più: si chiama Camilla, l’ho conosciuta ieri sera in occasione di una pizzata e lavora in un locale sul lungomare versiliese. Avremmo bisogno di tante Camille in Italia: sarebbe un paese migliore.




sabato 3 agosto 2013

De Bello Civili

Il bon-ton del nuovo guerrigliero urbano – scritto a quattro mani da Sandro Bondi e Lina Sotis.

Invece della vetero-comunista P38, alle manifestazioni di piazza si consiglia di portare la propria dichiarazione dei redditi da nullatenenti. Che notoriamente fa molto più danno alla comunità di una pistola con soli sei colpi, spesso imprecisa e oltretutto complicata da usare.

Gettare sampietrini estirpati dall’impiantito urbano non solo è volgare, ma si rischia sempre di rompersi un’unghia mentre si tenta di svellerli o di slogarsi un polso all’atto del lancio. È preferibile - e molto più efficace - sbattere in faccia alla gente che non arriva a fine mese le chiavi del proprio yacht battente bandiera panamense e prudentemente ormeggiato a Malta.

Le barricate sono superate vestigia delle rivoluzioni dei secoli passati. Il vero barricadero à-la-page salirà sulla portiera aperta del proprio SUV intraversato sulla strada, possibilmente un Hummer esentasse targato CH (non Chieti) che nemmeno una orda di unni sarebbe capace di ribaltare, e da questo lancerà invettive verso la marmaglia operaia, che al massimo potrà controbattere dal basso di qualche Duna scalcagnata.

Mai fare l’errore di presentarsi ad una matinée di protesta in giacca e cravatta, o ad una première di contestazione serale con maglione di cachemere o una giubba in tweed adatti invece ad una ribellione campagnola. Ogni evento avrà il suo coordinatore d’immagine, una specie di buttafuori da discoteca, che ammetterà alla lotta di classe solo chi dimostrerà che la classe ce l’ha nello scegliere la mise giusta per ogni occasione di sommossa.

Per i cocktail molotov (no, razza di testoni, non sono degli apericena organizzati da Putin, sono delle armi improprie) si raccomanda di usare bottiglie di Martini dry o di champagne millesimato, che quelle orribili bottigliacce proletarie piene di cherosene puzzano da morire e lasciano le mani tutte sporche e unte. Magari l’effetto non sarà proprio lo stesso, ma vuoi mettere il profumo che lascerebbe addosso alla plebaglia maleodorante una bella doccia da una magnum della vedova Clicquot?




venerdì 2 agosto 2013

È bello crederci


Che un “allestimento urbano d’arte”, sotto i portici della via centrale, si trasformi in una specie di gioco per testare il livello di generosità dei cuneesi.

Che qualcuno abbia immaginato un bellissimo slogan: questi giocattoli hanno bisogno di avere ancora bambini da far divertire e questi bambini hanno il diritto e la necessità di giocare.

Soprattutto che lo scatolone sia stato davvero riempito da gente generosa, fino a traboccare oltre la capacità stessa del cubo, con scatole e sacchetti in bilico sul tetto dell’originale installazione interattiva.

Infine, che questi balocchi un giorno raggiungano veramente dei bimbi bisognosi e privi di tutto, anche della semplice gioia di un gioco.