venerdì 5 ottobre 2012

Feticismi – Due



Aeroporto di Taipei. Sui maxischermi dei banchi check-in dell’aviolinea locale campeggia l’inequivocabile sagoma del felino più adorato in oriente – e non solo: Hello Kitty. Cosa c’entra l’onnipresente vezzosa gatta con un affare serio come volare? C’entra, c’entra. In un crescendo rossiniano, scopro una fila di macchine per stamparsi da sé la carta d’imbarco (anche a quelle latitudini si cerca di risparmiare sui costi del personale d’aeroporto) che sembra un luna park: tutto rosa, neon scintillanti, fiocchetti e vibrisse ovunque. Un gatto ti osserva mentre inserisci la tessera. Inquietante. Ma capace di suscitare gridolini di sorpresa ed euforia nelle fanciulle locali, che subito si cimentano nel self-check-in e poi esigono una foto dal filarino accompagnatore.

Per non parlare del telefono a moneta, baroccamente colorato di rosa antico, incorniciato da eleganti stucchi classici, ma sinistramente sormontato dalla silhouette felinomorfa che tutto firma. Quando si telefona da lì, probabilmente è buona creanza non limitarsi al classico incipit inglese, ma completare la locuzione: hello? Kitty!

Ho saputo che gli audaci autori di cotanta sinergia tra aviazione e pupazzi si sono spinti ben oltre. Un aereo è interamente arredato nel melenso stile del nostro gatto. Coperte e cuscini rosa. Hostess con grembiulini in tinta. Addirittura i cibi serviti in volo riproducono le fattezze di HK.










Feticismi. Perché tutto questo dispendio di energie monotematiche non può avere come obiettivo solo la classe consumatrice dei bambini. Conosco personalmente persone ben dentro l’età adulta che si circondano di ninnoli e balocchi dell’attonito felino, pur avendo lasciato alle spalle – e da un pezzo – gli anni della fanciullezza.

Feticismi. Per fortuna, salvo un po’ per il portafoglio, innocui.



giovedì 4 ottobre 2012

Feticismi – Uno

Quanti di voi conoscono almeno un feticista dell’auto? Uno di quelli che passano le domeniche a lavarla, lucidarla e coccolarla. Che per un graffietto sulla carrozzeria fanno delle tragedie che manco il Re Lear. Che concederebbero il suo volante ad un conoscente più malvolentieri delle grazie della moglie.

Secondo me tra questi invasati del dio motore c’è più d’uno che ha fantasticato di portarsi l’amato bene in salotto. Singapore, terra del lusso e dell’esibizionismo edonista, questo sogno lo ha trasformato in realtà – probabilmente in cambio di un sontuoso gruzzolo di dollari.

Passo accanto all’ennesima torre multipiano, appena sorta – come araba fenice – dalle ceneri di un vecchio e onesto albergo che non rendeva a sufficienza per non soccombere al fato distruttore in guisa di crudeli macchinari dentuti e martellanti. Davanti all’ingresso sbrilluccica una corrusca scultura ipermoderna, una specie di trombone partorito dalla fantasia allucinata di un artigiano in acido. Ma è il montacarichi, innaturalmente a vista, e per di più con opulenti giochi di luci cangianti – dal rosso al giallo al blu – all’interno del vano, a destare i miei sospetti. Dai. Troppo grosso perfino per una lavatrice industriale o un sofà monopezzo ingestibile in una tromba delle scale. E poi, una volta finito il trasloco, a cosa serve una serranda larga come quella di un negozio, anzi di più?

Repentina l’illuminazione. Ora ricordo: ho letto da qualche parte di questa ultima bizzarria. Il garage sotterraneo? Ma che banalità! L’ascensore consente ad ogni proprietario di alloggio di portarsi la vettura (e non ci saranno molte Panda nel casamento) fino al piano. E parcheggiarla nell’apposito locale, adiacente alla zona giorno. Mettici due poltrone e un tavolino lì attorno, ed ecco trasformata la quattroruote in un esclusivissimo – sebbene ingombrante – oggetto di arredamento.

Già mi immagino i nuovi rimbrotti, coniati lì per lì da mogli esasperate dal dernier cri del feticismo maschile. Ti sei pulito le ruote prima di entrare in casa? Guarda lì, io mi spezzo la schiena a lucidare e guarda che cerchi motosi che hai! Insomma, la vogliamo finire con queste macchie d’olio in salotto? Portala una buona volta dal meccanico a cambiare quella guarnizione! Ti ho detto mille volte che non si fuma in macchina, cioè, in casa, vaffanculo, è la stessa cosa ora!!

Signori maschietti, vedete il lato buono della faccenda: se un giorno, stufi delle sgridate delle consorti, finirete per litigare, almeno avrete l’alternativa. O dormite sul divano, oppure approfittate dei confortevoli sedili ribaltabili del vostro personale feticcio al ventiseiesimo piano. Vuoi mettere l’esclusività?



mercoledì 3 ottobre 2012

Nuove strisce

Strisce blu. Le più odiate, perché si paga. Strisce bianche. Le più amate e ambite, per il motivo opposto. Strisce gialle. Le più antipatiche, perché sono sempre riservate a qualche privilegiato: polizia, finanza, posta e altri altezzosi occupatori di scarseggiante suolo pubblico. Qualche sporadico giallo si incontra qua e là, mischiato tra righe di diverso colore. Parcheggio disabili: tutto bene, ben vengano, anzi mi ci arrabbio – e non poco – se vedo qualche furbastro che cerca di infilarsi lì, senza averne titolo.

Ma le strisce rosa proprio mi mancavano. Una bella, lodevole iniziativa di un piccolo comune in provincia di Cuneo – e facciamo un gioco, vediamo se qualcuno indovina quale è. Lo scopo? Eccolo spiegato nel cartello. Non è una prescrizione, è solo, come recita il segnale, un gesto di cortesia.

Cortesi? Basterebbe che gli italiani imparassero un po’ ad esserlo, col proprio prossimo. Rispetto e cortesia sono segni inequivocabili di civiltà. Un bene che non si compra, ma ha un valore inestimabile. Benvenute, comunque, strisce rosa. E bravi quegli amministratori che hanno avuto l'idea.