lunedì 28 febbraio 2011

T.I.C. - il ritorno...

Una settimana di Cina. Immagini, storie, curiosità. Impossibili da raccontare in diretta: ogni sito che evochi la pericolosa parola blog è bloccato. Senza speranza. Come del resto Facebook, Twitter, Youtube. Ma non Linkedin, che i giornali italiani on-line davano per inaccessibile. Per raccontare tutto questo potpourri di storie, l’unico omnicomprensivo titolo poteva essere questo: T.I.C.

La Cina e la Libia

Chi l’avrebbe detto che c’erano più di trentamila cinesi a lavorare nella terra di Gheddafi? Come topi sulla nave che affonda, stanno scappando con tutti i mezzi possibili dal manicomio libico. I più fortunati sono già arrivati a casa, con dei ponti aerei organizzati dall’Egitto o da Malta. Molti hanno barattato le attrezzature dei cantieri dove lavoravano con dei mezzi di fortuna, scassati bus o camion di quarta mano, per cercare di raggiungere il confine o un porto da cui salpare. C’è chi è stato derubato di tutto lungo la strada, da briganti pronti a cogliere l’occasione dell’anarchia. Ed è stato costretto a continuare l’odissea verso la salvezza a piedi. I cinesi sono abituati a faticare – e a non darsi per vinti. Settanta chilometri, a tappe, fino al confine. Senza tanto clamore, senza interviste aeroportuali, senza piagnistei. Cercavano un’occasione per mantenere la famiglia emigrando nella promettente Africa. Tornati a casa, forse ripartiranno per altri lidi. Chi non ha altra scelta si adatta e coglie quel poco che la vita gli offre. Nessuno, portata a termine l’operazione rimpatrio, parlerà più di loro. I senza voce, a casa e pure all’estero. T.I.C.

Turisti cafoni

Ai tanti cinesi che emigrano (nella stessa Cina o fuori dai confini) per raggranellare qualche soldo da mandare a casa per fare studiare la nuova generazione, si contrappongono i molti altri che invece hanno raggiunto un relativo benessere. E all’estero si possono permettere di andare non da malconci lavoratori di fatica, ma da turisti. Causando un interessante mix di sentimenti in chi li deve ospitare.

I cinesi sono i peggiori turisti del mondo. Non lo dico io, ma molti albergatori, organizzatori di viaggi, guide turistiche e ristoratori di mezza Asia. Quella stessa Asia che li riceve sperando nella loro sfacciata generosità di arricchiti, che spendono e spandono in preda ad una frenesia da soldo troppo facilmente ottenuto. I nuovi ricchi fanno la gioia dei registratori di cassa delle boutiques di Singapore, di Kuala Lumpur, di Bangkok.

Ma allo stesso tempo sono la disperazione di chi deve convivere con gruppi di beceri che urlano nel telefonino, sputacchiano per terra (e non importa se si trovano nella propria camera d’albergo, di solito moquettata), fumano ovunque, fregandosene di divieti e senso del decoro, non si peritano a gettare per terra qualsiasi rifiuto gli giri per le mani, nei musei si infischiano di cartelli e avvertimenti e toccano le opere d’arte, salendo perfino sulle statue per farsi fotografare, e giusto di recente hanno anche malmenato una guida turistica di Macao, colpevole solo di aver cercato di far da paciere in una discussione.

Esagerazioni? Ripeto, non lo dico – solo – io. Anche se concordo in pieno. Lo dice, e lo scrive, perfino un giornalista cinese, evidentemente più sensibile e civile dei suoi concittadini privi del minimo fondamento della buona educazione. Che fare? Il soldo, alla fine, tappa molte bocche e anche parecchi nasi. Quindi i ristoratori del Sud Est Asiatico hanno deciso di riservare certe aree dei propri locali ai soli turisti cinesi. Così questi potranno continuare indisturbati a far caciara, sgargarozzarsi bevande come oche all’ingrasso, sputacchiare pezzi di cibo, ruttare senza riguardo e portarsi via la frutta a fine pasto, senza dar sui nervi agli altri commensali. Almeno, con questa apartheid refettoria, pecunia non olet. Di rigurgiti alcolici. T.I.C.

L’onesto procione

Ci sono malfattori di grande taglia in Cina. Ladroni a sei zeri o più, burocrati corrotti che ogni tanto vengono pizzicati e pagano un conto salato alla giustizia, poco incline alla tolleranza nei confronti di chi capitalizza disonestamente in un anno quello che un operaio non ha speranza di vedere in una vita.

Poi, per contraltare, ci sono degli onesti la cui virtù diventa una fissazione, rasentando l’ossessione. Il signor Liu, proprietario di una tintoria di Shanghai, in vent’anni di lavoro ha sempre restituito ogni singolo oggetto trovato nelle tasche dei capi che la gente gli portava a lavare. Andando ben oltre la semplice correttezza professionale, che impone di avvertire i propri clienti di controllare prima della consegna. Lo scrupolo si è fatto mania: il nostro onesto procione registra su dei quaderni ogni articolo reso, il nome del cliente e il tempo trascorso tra smarrimento e restituzione. Dall’accendino di plastica di nessun valore al telefono cellulare, dall’anello d’oro agli spiccioletti fino alle carte di credito. Una volta ha riconsegnato una valigetta piena di contanti dimenticata lì da un cliente particolarmente frettoloso e distratto. Si è improvvisato detective per capire, tra una decina di clienti, chi aveva dimenticato dei soldi in tasca, da lui trovati solo al momento di aprire la lavatrice. Come abbia fatto ad esser certo che il supposto padrone della pecunia non gli stesse mentendo, è tuttora un mistero.

Il buon Liu si vanta di non aver mai accettato un soldo di ricompensa per tutto ciò che in tanti anni ha restituito ai legittimi proprietari. Nemmeno una mancia per quella valigetta con dentro diecimila euro. Erano gli stipendi degli operai di un’azienda. Non erano soldi miei, non avrei potuto accettarli.

La più bella ricompensa, caro Liu, l’hai scoperta da te: dormi bene ogni notte. E quello, davvero, non ci sono soldi che lo comprino. T.I.C.

Anche questo è un post a puntate. Continua qui.

venerdì 25 febbraio 2011

T.I.C. - 2a parte

Oltre all’inavvicinabile primato mondiale di esecuzioni capitali (nemmeno mettendo insieme Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti, Giappone, Singapore e Malaysia si riesce ad assommare una frazione dei morti legalmente ammazzati in Cina), un altro peculiare record è la vastità della gamma di reati per i quali si può (non è obbligatorio, come per i reati di spaccio di droga a Singapore, perché in fondo tutto – o quasi – in Cina è negoziabile) essere passati per le armi. A proposito. Ci sono due grandi fissazioni qui. Le armi. E i soldi. Ma non nel senso americano. Al contrario. Le armi – quelle da fuoco – sono proibitissime. Guai anche solo immaginare di possederne una. Se un furfante riesce a rubare una pistola ad un poliziotto, i colleghi sono capaci di braccarlo per dieci anni, per recuperare il maltolto. Con le tensioni sociali, razziali e religiose del paese più popoloso al mondo, con più di 50 lingue e gruppi etnici, il ventaglio di tutte le maggiori religioni più o meno rappresentate (ma sempre previa approvazione e imprimatur del governo centrale), ricchi miliardari in dollari e poveri che ne racimolano magari 300 all’anno, l’ultima cosa che vuole Pechino è un popolo armato con qualcosa di più pericoloso dei bastoncini per mangiare il riso o della mannaietta da cucina per tritare l’onnipresente coriandolo.

I soldi. Guai a mettere in crisi il sistema economico più dinamico del pianeta, permettendo a chicchessia di falsificare il massimo taglio, cento yuan, dodici euro. La recente invasione di banconote false scatena cacce serrate agli importatori. Si vocifera che arrivino nottetempo su barche e pescherecci di bandiera Taiwanese. Si cercano i sofisticati falsari. I fogli sono talmente ben imitati che ingannano anche i bancari. Si seguono piste a Hong Kong, a Taiwan, altrove. Non meglio specificato, anche se il pensiero corre rapido alla Corea del Nord, da molto sospettata di essere una centrale di produzione di numismatica d’imitazione. E non solo per gli irrisori biglietti da cento renminbi (la moneta del popolo), che quasi quasi costa più farli di quello che valgono. Morale? Si guarda all’estero perché nessuno in Cina si azzarderebbe a produrre in loco. Ecco l’unica industria che fa outsourcing, invece di aprire fabbriche (seppur clandestine) qui. Perché? Semplice. Anche per i falsari di banconote c’è la pena capitale. Pecunia olet. Se è falsa, di morte. T.I.C.

Gli Oasis dovevano tenere due concerti a Shanghai e a Pechino all’inizio di aprile. A prevendita iniziata le tappe cinesi del tour asiatico sono state improvvisamente cancellate. Problemi finanziari non meglio specificati accaduti ad uno degli organizzatori del tour, racconta oggi lo Shanghai Daily. Ma certo. La stampa internazionale la racconta così, invece. Nel 1997 uno dei componenti della band aveva partecipato ad un concerto di supporto alla causa del Tibet, negli Stati Uniti. I cinesi hanno una memoria da elefante, e ci sono cose che non perdonano nemmeno dovesse passare una generazione. O dieci. Non hanno fretta. Dicono loro, siediti sulla sponda del fiume, vedrai passare il cadavere del tuo nemico. Molti in occidente si meravigliano che “dopo ben dodici anni” ai cinesi (dirigenti di partito) non gli sia ancora passata di mente questa storia. Poi da noi c’è gente che ancora si ammazza per faide iniziate 5 generazioni fa, quando magari non c’erano la luce e le automobili, ma le lupare c’erano già. La buona notizia? Qualche anno fa non avrebbero mai permesso ad un lettore di commentare una notizia online, smentendo la versione ufficiale. Una che si firma Joan racconta la storia del concerto pro-Tibet. Il giornale (non so se è un caso…) scrive in caratteri rossi sotto la replica della lettrice: i commenti rappresentano solo il punto di vista dei lettori. T.I.C.

I cinesi sono testardi. Centocinquanta anni fa gli eserciti francese e inglese hanno saccheggiato i giardini imperiali pechinesi di Yuanmingyuan, durante la guerra dell’oppio. Non gli è ancora andata giù. La recente battuta all’asta di due fontane bronzee della dinastia Qing, le teste di un topo e di un coniglio, appartenenti ad una serie di dodici, il serraglio dello zodiaco cinese, effettuata da Christie’s a Parigi assume contorni da giallo comico alla ispettore Clouseau. I portavoce governativi hanno perfino chiamato in causa, come testimone autorevole e straordinario dell’infamia subita, nientepopodimeno che Victor Hugo (pare abbia detto: la storia dirà che ci sono due fuorilegge, la Francia ed il Regno Unito. Spero verrà il giorno in cui la Francia restituirà questo bottino ad una Cina depredata. Sarà vero? Ci sono dei bisnipoti del povero Victor che possono confermare o smentire quanto attribuito all’avolo?). Insomma, braccio di ferro, è roba nostra, restituitecela. No, è roba nostra, la battiamo all’asta e ce ne impipiamo che la vogliate. Se la volete, ricompratevela. Accontentati. La mega offerta da 15 milioni di euro a testa (il topo più caro della storia!) si rivela una bufala. Un cinese, autonominatosi “un patriota”, ha sparato talmente alto che nessuno ha osato rilanciare. Ma naturalmente non ha intenzione di pagare tutti quei soldi. Proprietario di una casa d’aste di Xiamen, già noto nell’ambiente, ha avuto facile accesso alle offerte. Qualsiasi cinese avrebbe agito come me, ha continuato nel suo impeto di capopopolo. Ho solo adempiuto alle mie responsabilità. Molta retorica di vecchio stampo. E molto prudente pragmatismo da parte dell’apparato. Forse il signor Cao si sarebbe aspettato un bravo da Pechino, una medaglia di eroe dell’antiquariato appuntata sul petto, magari il suo nome a fregiare la facciata di un museo d’arte. Tutto invece tace sul fronte orientale. Forse timorose di dover veramente cacciar fuori tutto quel cospicuo mazzo di milioni di euro (31,5 per l’esattezza), le fonti ufficiali non si sbilanciano, e lasciano parlare i professionisti dell’incanto, alcuni dei quali supportano la scelta emozionale di Cao, mentre altri non condividono il suo comportamento. Anche perché se non si arriverà ad un onorevole compromesso, scaduti i termini Christie’s disporrà di nuovo dei pezzi battuti, e potrebbe presentare al signor Cao un conticino di puri diritti d’asta da 7 milioni di Euro. Non male per un beau geste. T.I.C.

Prima pubblicazione : 4 marzo 2009

giovedì 24 febbraio 2011

T.I.C.

Acronimo misterioso, enigmistica invenzione di un europeo, rampollo d’azienda designato dalla dinastia a fare il reggente nella lontana ed esotica Asia, nell’inquinato caos shanghainese, millanta miglia distante dal placido, salubre e bucolico ambiente austriaco da cui proveniva, e del quale – non faceva nulla per nasconderlo – provava una struggente, lancinante nostalgia.

E quando, in simposi e comunitarie riunioni di categoria, accadeva che qualche imberbe spirito novello alla sua prima apparizione sul palcoscenico cinese, domandasse intimidito al vicerè – dalla pluriennale dimora nel regno di mezzo – come Egli vivesse, tollerasse e infine chiosasse tutti gli avvenimenti fantastici e straordinari che si potevano costì ammirare, dall’anarchico traffico veicolare alla bolgia da struscio domenicale lungo l’arteria pedonale di via Nanchino, dal caparbio e quasi vano arrembare treni e metropolitane già strabuzzati di pendolari incarogniti al tormentoso assillare con profferte irrinunciabili i turisti caracollanti come zombies di Romero nel mercatino obbligatorio del falso, fino all’ostinata trasgressione di qualsiasi regola base di vivere civile, attraversare col rosso, fumare in luoghi pubblici (ristoranti, alberghi, stazioni, ospedali, teatri, nessuno escluso), la peculiare interpretazione del galateo nei confronti del pianeta donna e la temutissima, sonora e plateale espettorata, preferibilmente attuata su un mezzo di trasporto gremito o mentre si ammira rapiti una vetrina di boutique, con susseguente propulsione nell’aere di materie la cui sola menzione ha il potere anoressico di un flacone di Mangiomen formato famiglia per mannequins digiunatrici coartate dalla passerella.

Ed a quei viaggiatori vergini che poco o nulla sapevano dell’infernale Acheronte in cui erano stati immersi, rispondeva invariabilmente con un’amabile alzata di spalle, complementata da un ampio e regale gesto di allargamento delle braccia, indice di rassegnazione e trascendentale sopportazione, e con l’erogazione di quel vaticinio criptico, degno di una sibilla cumana incastonata nel suo antro fumigante: T.I.C.

Solo ai vecchi frequentatori di corte era chiaro il messaggio, il responso buono per tutte le occasioni, l’acronimo che si faceva dogma. This is China. Questa è la Cina. Che ci vuoi fare?

Qualche esempio fresco fresco di T.I.C.? Eccolo.

I bambini di una zona rurale dello Yunnan finalmente si recheranno a scuola con meno disagi, potendo superare un fiume in maniera più comoda e sicura.

Non fatevi ingannare. Questi non sono i bambini, con davanti una carriera di funamboli da circo (ecco perché i cinesi sono degli acrobati così bravi!), che stanno cercando di superare il fiume camminando su due corde. Cosa avete capito? Questi sono gli operai che, in piena sicurezza (626 è solo un numero come un altro in Cina), stanno installando un ponte di pedane appoggiate su funi d’acciaio. Questa sarà la maniera più comoda e sicura. E prima, allora? Ecco due bambine che si recano allegramente a scuola. Come ogni mattina. Scivolando lungo un cavo teso sulla corrente. T.I.C.


Ma anche questo è Cina. Un insegnante di 50 anni, identificato come Li, è stato riconosciuto colpevole di aver violentato, nell’arco di tre anni, 21 allieve, tutte al di sotto dei 14 anni. Sfruttando la paura delle giovanissime vittime e la generalizzata ritrosia a parlare di argomenti correlati al sesso nella cultura asiatica, il mascalzone l’ha fatta franca fino al 2007, quando una ragazza ha trovato il coraggio di parlare, e i genitori hanno denunciato l’ignobile figuro. Indovinate un po’? Condannato a morte. Per favore, mandateci qualche pedofilo dall’Italia.

Domani troverete la seconda parte.

Prima pubblicazione : 3 marzo 2009

sabato 19 febbraio 2011

Miti e leggende

Sfatiamo uno dei grandi miti venatorio-sportivi: Il boomerang non torna indietro. Quanti di voi si sono cimentati nella difficile arte del lancio di tale micidiale oggetto? E quanti possono affermare, e recare testimoni a conferma del fatto, che il malefico manufatto è tornato loro docilmente in mano dopo aver percorso aeree evoluzioni, senza infrangere nel frattempo finestre di vicini, lampioni stradali o parabrezza di auto imprudentemente parcheggiate nelle adiacenze del campo prove? Diciamocelo. A meno che non siate un aborigeno australiano, cresciuto in libertà nell’outback dei Northern Territories e costretto dall’esigenza di procurarsi del sostentamento ad abbattere emù che corrono come delle saette, non venitemi a dire che padroneggiate questa subdola specialità.

Qualche burlone ha pensato bene di costruirne una versione più innocua, sia per il materiale morbido sia per la funzione precipua. Ma una caratteristica li accomuna: il wooferang, esattamente come il suo omologo australiano, non torna indietro. A meno che abbiate un cane che ve lo riporta. Basta con i vecchi, logori bastoni da riporto, ricavati da pezzi di ramaglie rinvenuti durante le passeggiate nei boschi. Basta con quelle trite palline da tennis pelosette e bavose, che metà delle volte il cane smarrisce nell’erba alta e poi tocca a voi cercarla per mezzora, ed alla fine siete marci di rugiada fino alle caviglie, mentre quel lazzarone vi aspetta scodinzolando seduto ben all’asciutto. Evolvetevi ed offrite al vostro quattrozampe un divertente giocattolo gommoso con cui giocare.

Lasciatemi solo muovere un’appunto ai geniali inventori di tale imperdibile novità per l’amico degli animali da compagnia. Perché, nel penoso tentativo di fare assomigliare l’oggetto ad un osso, avete deciso di guarnire le due estremità del wooferang con delle inquietanti appendici gonadomorfe? Ragioni di bilanciamento aerodinamico? Praticità di impugnatura? Dubbie questioni di estetica della sagoma? La presuntuosa, antropocentrica supposizione che tutti i cani siano imbecilli, quindi basta aggiungere quattro palle alle estremità per far loro dedurre che dunque quello è un osso? Piatto? Piegato in due?? E arancione?!? Per favore: spiegatevi. Giustificatevi.

Boomerang da riporto per cani: mai più senza!

Prima pubblicazione : 10 maggio 2009

venerdì 18 febbraio 2011

Shanghai la nuit

Fuori dai ristoranti, dai bar alla moda, dai locali sbrilluccicanti di neon e dalle discoteche fumose, la sera pullulano frotte di donne cinesi, questuanti per interposta persona. Sono a capo di squadre di bambini, che ti approcciano insistenti e mai domi, in mano un bicchierino ciottolante di monete. Ti camminano accanto e non ti mollano finchè vedono un barlume di attenzione. Non dargli soldi. Non sono figli loro, mi dice un amico cinese. È molto arrabbiato, si vede. Non con i bambini, che quelli sono degli schiavi incatenati. Con le donnacce che li gestiscono. Ci può stare, ad essere buonisti, che li abbiano presi in prestito da amiche accondiscendenti. Ma è molto più probabile che siano stati comprati o direttamente rubati in qualche villaggio, per poi instradarli alla lucrosa attività dell’accattonaggio serale. Ci sono talmente tanti laowai a spasso la notte per Shanghai, che qualcuno che si impietosisce e scuce si trova sempre. Alimentando il commercio, quando non il rapimento, di questi frugoletti artatamente sporchi e goffamente vestiti, indottrinati con le quattro essenziali parole di inglese necessarie e sufficienti al loro penoso lavoro.

Quando un cinese ti ammonisce di non dargli nulla non è un insensibile. Anzi. È qualcuno che ha dei figli propri, qualcuno che non vuole nemmeno immaginare che la propria creatura possa essere rapita per poi fargli condurre questa miseranda esistenza di questua. Qualcuno che disprezza profondamente le persone che non si peritano a fare commercio o ladrocinio di innocenti che hanno avuto il solo torto di essere nati nella parte rurale, sfortunata, ancora profondamente povera della Cina.

Anche se il cuore compassionevole direbbe il contrario a chiunque, non alimentiamo questo abuso. Quando un bimbetto di tre anni non sarà più visto come una proficua e facile fonte di reddito, allora forse smetteranno anche i rapimenti e lo sfruttamento notturno. C’è già tanta miseria morale in quello che si vede in giro per Shanghai di notte. Cerchiamo almeno di tenerne fuori i bambini.

Prima pubblicazione : 18 dicembre 2007

sabato 12 febbraio 2011

Crudeltà mentale

Vengo preso da un’incontenibile indignazione, quando vedo dei prodotti che mercanti senza scrupoli spacciano farisaicamente come utili, anzi quasi necessari, per il benessere dei nostri amici cani. Mentre invece i miei occhi animalisti li vedono come degli inutili strumenti per infliggere disagio, quando non sofferenza psichica, altrettanto nociva di quella fisica, ai buoni compagni a quattro zampe di troppi uomini insensibili e crudeli.

L’ultimo indegno ritrovato, disponibile nei peggiori negozi di forniture per piccoli animali, è questa ciotola dal disegno inquietante. L’esecrabile arnese viene descritto come il toccasana per i cani che hanno il vizio di mangiare troppo in fretta (avete mai visto un cane piluccare il cibo con aplomb anglosassone, come fanno quegli schizzinosi dei gatti?). Studiato da un veterinario probabilmente imparentato alla lontana col dottor Mengele, è dotato di tre bitorzoli che rendono il quotidiano piacere della refezione un percorso a ostacoli degno di Giochi senza Frontiere. I cani, non essendo formichieri, non sono dotati di lingua prensile da mezzo metro, né hanno il senso dello humour che caratterizzava i concorrenti del divertente cimento d’antan. Secondo me, alla fine di questa idiota fatica di Sisifo, i meno mansueti saranno incazzati come delle iene e ben predisposti a mordere il proprio padrone dove più fa male.

Propongo l’immediata applicazione di un contrappasso dantesco, per le famiglie che adottano queste crudeli strategie verso innocenti cani, rei solo di apprezzare troppo la frugale pappa imbandita loro da padroni con paranoie castranti: sostituzione di tutti i cucchiai del servizio da tavola con un nuovo modello, di linea moderna e innovativa, fortemente raccomandato da dietologi e – per meglio convincere le signore consorti – anche dai maggiori stilisti del prêt-à-porter casalingo. Ovviamente, per una miglior efficacia dello strumento, la minestra sarà brodosa e adeguatamente passata al setaccio fine, per privarla della benchè minima traccia di solidità sostenibile. La padrona, prima di scodellarla in tavola, potrà anche verificarne sapidità e punto di cottura con l’apposito mestolo in legno, coordinato al set di cucchiai. Buon appetito dal vostro cane.


Prima pubblicazione : 26 aprile 2009

giovedì 10 febbraio 2011

Brutti, sporchi ma non cattivi (I dimenticati)

Tian Jinzhen semina riso e granturco, coltiva tabacco. Tian Jinzhen irriga i due ettari di terra che accudisce. Tian Jinzhen spande fertilizzante e falcia il raccolto a mano. Tian Jinzhen si someggia a spalle quaranta chili di spighe e fogliami in un viaggio solo dai campi a casa.

Tian Jinzhen non è un contadino cinese. È una contadina. Come milioni (quasi cinquanta) di altre donne, lasciate sole da mariti partiti in cerca di miglior fortuna come lavoratori migranti, torna a casa dopo una giornata di lavoro in campagna, si occupa degli anziani suoceri, pensa ai figli che studiano in qualche lontano collegio, pagato coi miseri proventi della terra, uniti ai soldi raggranellati dal coniuge in una miniera del freddo nord (duemila euro all’anno). Poi, rassettata l’umile dimora, va a dormire, per rialzarsi all’alba del giorno dopo. E ricominciare, tra dolori ormai cronici alla schiena e alle ginocchia, la sua estenuata vita di cavallo da tiro. Confessa Tian: quando mi sveglio ogni mattina vorrei dormire per sempre. Ma non è possibile: la mia intera famiglia conta su di me, e non posso deluderli.

Chi della Cina ha conosciuto solo la scintillante e frettolosa Shanghai, la superba e vasta Pechino, l’impetuoso e convulso Guangdong, non percepisce il dramma di una generazione di donne contadine. Abbandonate a se stesse, vedono il marito una volta all’anno, per i pochi giorni della celebrazione del Capodanno Lunare, e poi ripiombano nella loro onerosa solitudine. Uniche responsabili della cura dei figli, invecchiano precocemente, fiaccate da una vita di stenti e di fatiche corporee costanti e disumane.

Ogni tanto perfino queste coppie male in arnese hanno la fortuna di venire a rendere omaggio al miracolo di crescita di un’altra Cina, di cui non hanno beneficiato, visitando, spesso unico viaggio della loro vita ai limiti della sopravvivenza, una megalopoli da venti milioni di abitanti. Turisti, per favore: non fissate con sdegno o derisione quei poveri paesani arruffati, sporchi, malvestiti, con le mani callose e le unghie incorniciate a lutto. Non canzonate quegli sguardi sbigottiti, impauriti quasi, negli occhi stanchi dal troppo e disagevole viaggiare. Immaginate piuttosto lo choc di queste anime ingenue, passate dal loro villaggio immoto e remoto alle meraviglie altissime e corrusche dei grattacieli infiniti di Shanghai, oppure al serpente interminabile della Grande Muraglia, che percorrono con trepidazione e reverenza, quasi temessero di danneggiarla con la loro incerta andatura rurale. Pensate all’emozione nel varcare il maestoso portone della Città Proibita, un tempo riservata al solo imperatore e alla sua corte di concubine, ed oggi democraticamente aperta all’accoglienza dei più dimessi lavoratori della terra.

E infine riflettete per un attimo: se tutti i giorni al mercato, nei grandi magazzini, sui banchetti improvvisati per la strada e nei vostri ristoranti favoriti trovate riso candido e caldo, verdure croccanti appena scottate al vapore, frutta sugosa e profumata, tè benefico e corroborante, dovete dire grazie a questa sterminata armata Brancaleone di brutti, sporchi ma non cattivi. Che lavorano come delle bestie perché i propri figli non si debbano spaccare la schiena chini nelle risaie o morire come dei topi o di silicosi nelle miniere insidiose e malsane.

Quando vi lamentate dell’ora di straordinario da fare in ufficio, pensate a Tian Jinzhen.

Agli italiani, noti meteoropatici che quando cadono quattro gocce considerano la giornata rovinata, dedico l’immagine disperata di un contadino del sud della Cina. Non chiede altro al cielo se non un po’ di pioggia, per poter nutrire moglie e figlio coi magri proventi del suo raccolto. Quest’anno, se continua così, si prevede la peggior siccità in almeno sessant’anni, nel cuore meridionale del continente cinese. Milioni di persone prive di acqua corrente. La stagione dei cereali compromessa. Il riso a Shanghai è già aumentato, in vista di massicce spedizioni al sud affamato dall’aridità. Il tè, vanto dello Yunnan, fino a ieri verde paradiso dall’eterna primavera, raddoppierà le sue già ragguardevoli quotazioni, rendendo la bevanda nazionale una cosa da ceto abbiente.

La vera ricchezza non sono i soldi. È l’acqua. Ricordatevelo, la prossima volta che lasciate inutilmente il rubinetto aperto, “tanto che vuoi che sia, di acqua ce n’è quanta ne vuoi e non costa nulla”. Ora vallo a dire a lui.


Prima pubblicazione : 27 marzo 2010

martedì 8 febbraio 2011

SQ865

Uno di quei racconti a cui sono affezionato. Inedito, lo propongo per celebrare i quindici anni da quell’evento. Febbraio 1996: erano ancora i bei tempi pre-undici-settembre, quando le cabine di pilotaggio non erano chiuse a chiave e le strane richieste di un passeggero curioso non venivano viste dall’equipaggio come una potenziale minaccia terroristica. E venivano esaudite.

SQ865, scritto in volo tra Hong Kong e Singapore.

E’ straordinario il candore con cui il comandante, dopo un rientro al punto di partenza, quando l’aereo era già sulla pista di decollo, pronto a dare motori al massimo, ci informa dell’accaduto. Ci sono problemi tecnici, occorre rientrare alla baia, siamo spiacenti per il disguido. Le facce dei passeggeri, dapprima incuriosite dalla inspiegabile conversione di rotta, si aggrottano in una gamma di espressioni che vanno dal nervoso di chi potrebbe perdere una coincidenza, al preoccupato di chi non si sente a suo agio nella situazione, al teso di chi, come un gruppo di stagionate matrone americane, vede in ciò un possibile pericolo di vita.

Correttamente il comandante ci informa del procedere degli esami che i tecnici stanno facendo. La causa della procedura di decollo abortita è dovuta ad un surriscaldamento dell’idraulica del motore numero uno, stiamo esaminando se il guasto è riparabile, saprete qualcosa tra venti minuti. Dopo il tempo predetto, altro problema: ci spiace informarvi che nel frattempo l’aeroporto di Singapore non ci può accogliere, a causa di una manifestazione aerea che è in corso; prevediamo un ritardo di due ore - brusii, disapprovazioni, commenti in vari idiomi salgono nella fusoliera, lasciata al minimo di luci e senza aria condizionata, per non interferire con il lavoro dei tecnici e non consumare inutilmente carburante per gli impianti ausiliari.

Dopo tale attesa finalmente si decolla, il comandante assicura che il guasto è stato risolto, il volo si prospetta piacevole come sempre, volando con Singapore Airlines.

Le hostess, per compensare dei disagi subiti finora, sono, se possibile, ancora più gentili e disponibili del loro già alto standard. Si pranza, si ascolta musica o si guarda il film, oppure semplicemente si dorme. Nessuno sembra minimamente paventare che l’aereo possa avere qualche problema.

La voce del comandante, da sola, ha fatto sì che circa trecento passeggeri non abbiano mai dubitato che le loro vite fossero minacciate. Una voce che fa sospettare una persona giovane. E che ha saputo, lungo l’arco del manifestarsi del problema che ci ha bloccato, tenere tutti informati, ma anche rassicurare ognuno, con un tono pacato, garbato e professionale. Una voce che infondeva certezze in chi la ascoltava. Quella voce, unico cordone ombelicale che legava agli eventi in corso trecento persone prigioniere di un aereo bizzoso, ha saputo soprattutto trasmettere il messaggio subliminale che ognuno desidera, quando vola: state tranquilli, quando decolleremo so che tutto andrà bene.

Ho voluto conoscere il comandante, per manifestargli la mia stima e per dare un volto a quella voce: un giovane singaporeano di razza indiana, dal sorriso franco e cordiale. Mi ha fatto accomodare in cabina di pilotaggio e tra una comunicazione di servizio e l’altra ha trovato il modo di dirmi che ha visitato Roma e Verona e che apprezza l’Italia per le sue bellezze. Una persona squisita ed un professionista del volo.

Grazie, Captain Suresh, per averci portato in sicurezza a destinazione.

Prima redazione : febbraio 1996.

lunedì 7 febbraio 2011

Amore

Religion has done love a great service by making it a sin.

La religione ha reso un grande servigio all’amore, facendone un peccato.


Anatole France [1844 – 1924]

domenica 6 febbraio 2011

Sognando Yellowstone

Spiriti amanti dell’avventura e degli spazi liberi. Ecco un oggetto che non potrà mancare nel vostro equipaggiamento, se state progettando una prossima vacanza nelle selve canadesi o in qualche parco nazionale americano. Un simpatico accessorio che vi metterà da subito in sintonia con l’ambiente circostante. I vostri compagni di viaggio saranno felicissimi di condividere la tenda con voi. Specie se sono di memoria un po’ corta e, svegliandosi nel cuore della notte spinti da improvvise necessità corporali, si troveranno bruscamente faccia a faccia con un grugno nero che esibisce una minacciosa chiostra di lunghe zanne apparentemente pronte a sbranarli. Spendete qualche soldo, prima della partenza, offrendo ai vostri amici una bella e accurata visita cardiologica. Vi costerà sempre meno che dover pagare tutte le spese per il rimpatrio della salma dell’infartuato di turno.

Ne è tuttavia sconsigliato l’uso in due situazioni specifiche:
  • la stagione di caccia è aperta, e voi siete solito russare rumorosamente, al punto da rendere il vostro respiro simile al bramito di un orso. In tal caso si raccomanda di contrarre una buona assicurazione contro gli impallinamenti fortuiti. Oppure di indossare uno scomodo ma indubbiamente efficace giubbotto antiproiettile, da vestirsi sopra la maglina della salute, già prescritta dalla mamma contro esiziali infreddature forestali.
  • avete il vizio, favorito da cibi serali di pesante digeribilità, di girarvi e rigirarvi nel letto, finendo spesso per dormire a pancia in giù. Se tale comportamento a casa è solitamente innocuo, non altrettanto si può dire se vi accadrà di trovarvi in siffatta posizione, completamente avvolto in un simulacro plantigradomorfo, ed un’infelice scelta dei tempi avrà fatto coincidere la vostra visita con la stagione degli amori degli orsi, il cui visus notturno è purtroppo talvolta non molto accurato, ma la cui mira è notoriamente infallibile...
Sacco a pelo a forma di orso bruno: mai più senza!

Prima pubblicazione : 12 aprile 2009

sabato 5 febbraio 2011

Potenza e umiltà

Anche se non si direbbe, questo è uno degli uomini più potenti al mondo. Indossando un grembiulino con su un paio di conigli, e le mezze maniche blu, come un qualsiasi travet anni cinquanta, Wen Jiabao celebra il capodanno cinese con dei contadini dell’Anhui, una delle province meno agiate dell’intera Cina. Rimestando il cibo in un grosso wok, con il fuoco a legna sotto, come usa nella Cina ancora autenticamente rurale.

È un’abitudine quella del premier Wen. Invece di festeggiare il capodanno nello sfarzo di qualche prestigioso palazzo di Pechino, va nel cuore della Cina che soffre, o che è rimasta indietro. In passato ha trascorso la festività con dei malati di AIDS, più di recente con i terremotati del Sichuan. Mai vanaglorioso, mai circondato da guardie del corpo, mai distaccato dal popolo con il quale si mischia. Cinese fra i cinesi. Un’eccezione, in un’altera nomenclatura di partito che si mantiene sempre anni luce distante dal miliardo e mezzo della base che governa.

Il valore di un uomo politico non si vede solo dalla sua capacità di sedersi accanto agli altri pezzi grossi della Terra per sostenere le proprie ragioni, ma anche dal suo atteggiamento nei confronti delle cose più semplici. Dalla partecipazione con cui ha saputo, via via, confortare dei malati, incoraggiare e partecipare al dolore dei terremotati, imbandire e condividere un familiare ed essenziale desco con degli agricoltori.

Ecco una cosa che il comrade Wen, il nonno Wen, il mentore Wen dovrebbe insegnare a molti politici : la bellezza, la dignità dell’essere umili.

Il bue e la tigre

Il bue, proprio come il placido bovino, è prevedibile, affidabile e indefesso lavoratore. Talvolta il nome cinese viene erroneamente tradotto come toro, ma ogni caratteristica del segno è all’opposto del selvaggio e focoso animale.

Costante e caparbio, viene apprezzato per queste qualità sia sul posto di lavoro, sia in famiglia. Persona fedele, tende a costruire relazioni personali durature. Non è alla ricerca di una vita avventurosa, ma piuttosto di una stabilità sia emozionale che finanziaria, quest’ultima raggiunta con una oculata gestione dei propri risparmi.

Tutto sul bue.
Nome cinese : niú - 牛
Gli anni : 1925, 1937, 1949, 1961, 1973, 1985, 1997, 2009, 2021
Migliori amici : galli e serpenti.
Da evitare : pecore.
Il colore : viola.
Le pietre : smeraldo e giada.
Le ore del giorno : dall’una alle tre di mattina.
Il mese : gennaio.
Buoi famosi : Napoleone, Charlie Chaplin, George Gershwin, Walt Disney.


La tigre è forte, irrequieta ed amante della libertà. Sempre alla ricerca di nuove sfide, come il bellissimo felino è ammirata per il suo coraggio, temuta per il suo temperamento, esecrata per la sua impulsività e il suo dispotismo.

Spesso agisce d’istinto, senza pensare, ma se a volte deve pentirsene sa anche fare tesoro degli errori e trova saggezza ed equilibrio con l’età.

Tutto sulla tigre.
Nome cinese : hŭ - 虎
Gli anni : 1926, 1938, 1950, 1962, 1974, 1986, 1998, 2010, 2022
Migliori amici : cavalli e cani.
Da evitare : scimmie.
Il colore : verde.
Le pietre : rubini e diamanti.
Le ore del giorno : dalle tre alle cinque di mattina.
Il mese : febbraio.
Tigri famose : Karl Marx, Agatha Christie, Oscar Wilde, Charles de Gaulle.

Il maiale e il topo

Il maiale ha un gran senso dello humour. Generoso di natura, è sempre pronto ad aiutare gli altri. Brillante e creativo, sa essere un buon organizzatore.

Ama i piaceri della vita, e fa di tutto per apprezzarli. Affascinante e civettuolo, è tuttavia riservato sulla sua vita privata. Talvolta diventa incredibilmente pigro, ma si sa fare perdonare con il suo charme. Un rapporto può essere solo basato sulla fiducia totale, e una buona relazione di coppia è essenziale per il suo benessere.

Tutto sul maiale.
Nome cinese : zhū - 猪
Gli anni : 1923, 1935, 1947, 1959, 1971, 1983, 1995, 2007, 2019
Migliori amici : conigli e pecore.
Da evitare : serpenti.
Il colore : blu.
Le pietre : corallo e berillo.
Le ore del giorno : dalle nove alle undici di sera.
Il mese : novembre.
Maiali famosi : Humphrey Bogart, Maria Callas, Dalai Lama, Elton John.


Il topo è intelligente e socievole. Sa fare vita di comunità, e spesso si colloca al centro del gruppo. Agile e veloce come l’animale, dimostra passione e intuito.

È capace di valutare una situazione da differenti prospettive, ama prendersi dei rischi ma nel contempo sa controllare le proprie emozioni, se necessario a raggiungere il proprio obiettivo. Non scommettete con un topo, tirerà fuori tutta la propria forza di volontà per vincervi.

Tutto sul topo.
Nome cinese : shŭ - 鼠
Gli anni : 1924, 1936, 1948, 1960, 1972, 1984, 1996, 2008, 2020
Migliori amici : scimmie e dragoni.
Da evitare : cavalli.
Il colore : blu.
Le pietre : diamanti e ametiste.
Le ore del giorno : dalle 11 di sera all’una di notte.
Il mese : dicembre.
Topi famosi : William Shakespeare, W. A. Mozart, Mata Hari, Louis Armstrong.

venerdì 4 febbraio 2011

Il gallo e il cane

Esibizionista, diretto nell’approccio e con uno spirito competitivo. Ecco il ritratto del gallo. Autostima ed impazienza creano una personalità dominante e scaltra. Non accetta altro che la qualità nella vita, e se ne fa vanto.

Il gallo è uno strenuo lavoratore, ama giocare anche rischiosamente, e a volte mostra anche un brillante estro artistico. In amore è molto selettivo, ma quando decide è per la vita.

Tutto sul gallo.
Nome cinese : jī - 鸡 (tradizionale : 雞 )
Gli anni : 1921, 1933, 1945, 1957, 1969, 1981, 1993, 2005, 2017
Migliori amici : buoi e serpenti.
Da evitare : conigli.
Il colore : pesca.
Le pietre : rubini e diamanti.
Le ore del giorno : dalle cinque di pomeriggio alle sette di sera.
Il mese : settembre.
Galli famosi : Richard Wagner, Katherine Hepburn, Groucho Marx, Eric Clapton.


Le caratteristiche del cane sono le stesse dell’amico dell’uomo: leale, affettuoso e protettivo. Il cane nasce per socializzare, e se lasciato da solo si trova sperduto.

Ma sa anche mostrare un temperamento, ed i suoi morsi possono lasciare il segno. Per evitarli, basta non urtare l’orgoglio di cui il cane è ricco. Coccolato, il cane diventa dolce, affezionato e fedele.

Tutto sul cane.
Nome cinese : gŏu - 狗
Gli anni : 1922, 1934, 1946, 1958, 1970, 1982, 1994, 2006, 2018
Migliori amici : tigri e cavalli.
Da evitare : dragoni.
Il colore : giallo.
Le pietre : diaspro e selenite.
Le ore del giorno : dalle sette alle nove di sera.
Il mese : ottobre.
Cani famosi : Madre Teresa, Winston Churchill, Sofia Loren, David Bowie.


La pecora e la scimmia

La pecora, qualche volta riportata come capra, è il segno più bonario e sensibile dello zodiaco. Questa sincera attenzione verso il prossimo può essere erroneamente scambiata per fragilità, ma la pecora è determinata, dotata di equilibrio e abile nel negoziato.

La manualità non è il suo forte. Tatto e buone maniere ne fanno persona gradita da tutti, pronti a perdonarle qualche occasionale scivolata nell’idealismo etico. La pecora è esigente in amore : esige passione, sicurezza e fedeltà assoluta.

Tutto sulla pecora.
Nome cinese : yáng - 羊
Gli anni : 1919, 1931, 1943, 1955, 1967, 1979, 1991, 2003, 2015
Migliori amici : conigli e maiali.
Da evitare : buoi.
Il colore : porpora.
Le pietre : zaffiri e giada.
Le ore del giorno : dall’una alle tre di pomeriggio.
Il mese : luglio.
Pecore famose : Paul Gauguin, Rodolfo Valentino, Federico Fellini, Lech Walesa.


La scimmia si muove rapidamente attraverso gli eventi della vita, saltando da una situazione ad un’altra, purché sia stuzzicante. Intelligente e arguta, detesta la monotonia ed esprime la sua creatività con delle metamorfosi. Alle sporadiche accuse di essere ingannatrice, ride ed afferma che lo stimolo al cambiamento è troppo forte per resistergli.

La scimmia è passionale e quando il rapporto di coppia diventa prevedibile perde interesse. Per restare fedele ha bisogno di essere sorpresa ogni giorno con l’inaspettato.

Tutto sulla scimmia.
Nome cinese : hóu - 猴
Gli anni : 1920, 1932, 1944, 1956, 1968, 1980, 1992, 2004, 2016
Migliori amici : dragoni e topi.
Da evitare : tigri.
Il colore : oro.
Le pietre : topazio e acquamarina.
Le ore del giorno : dalle tre alle cinque di pomeriggio.
Il mese : agosto.
Scimmie famose : Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, Lord Byron, Karol Wojtyla.

giovedì 3 febbraio 2011

Il serpente e il cavallo

La caratteristica principale del serpente è la sapienza. Calmo e taciturno, sa adattarsi bene a situazioni mutevoli. È diffidente per natura, e solo dopo tempo e verifiche si lascia andare a relazioni non superficiali.

Misterioso e possessivo, dotato di una sbalorditiva sensualità con cui seduce la sua preda d’amore, vive per la conoscenza, è un avido lettore e gran pensatore, fino a sfociare talvolta nel puro esercizio filosofico.

Tutto sul serpente.
Nome cinese : shé - 蛇
Gli anni : 1917, 1929, 1941, 1953, 1965, 1977, 1989, 2001, 2013
Migliori amici : buoi e galli.
Da evitare : maiali.
Il colore : rosso.
Le pietre : topazio ed ematite.
Le ore del giorno : dalle nove alle undici di mattina.
Il mese : maggio.
Serpenti famosi : Charles Darwin, Abraham Lincoln, Pablo Picasso, Mahatma Gandhi.


Libero di spirito, per il cavallo il mondo è la casa ed ognuno è un amico. Intelligente, pieno di stamina, alacre e istintivamente idoneo al comando.

Ha bisogno di novità perché si annoia facilmente. La vita deve essere piena di sorprese, ama viaggiare e non teme di cambiare lavoro anche con una allarmante frequenza. Il suo motto è carpe diem. Coglie l’attimo, ma in amore deve imparare ad accettare compromessi, un duro esercizio per uno spirito ribelle.

Tutto sul cavallo.
Nome cinese : mă - 马 (tradizionale : 馬 )
Gli anni : 1918, 1930, 1942, 1954, 1966, 1978, 1990, 2002, 2014
Migliori amici : tigri e cani.
Da evitare : topi.
Il colore : arancione.
Le pietre : turchese e topazio.
Le ore del giorno : dalle undici di mattina all’una di pomeriggio.
Il mese : giugno.
Cavalli famosi : Genghis Khan, Giacomo Puccini, Sean Connery, Nelson Mandela.

Il coniglio e il dragone

Il tratto più caratteristico del coniglio è l’estrema sensibilità, cosa che ne fa degli eccellenti artisti e dei fini diplomatici. Non accetta male parole e modi sgarbati, e sa affrontare con tatto e saggezza ogni situazione.

Il rispetto per gli altri getta le basi per solide amicizie. La perspicacia gli permette di studiare a fondo e risolvere problemi anche complessi. In amore chiede delicatezza e sa offrire sorprese che mantengono vivo ed emozionante il rapporto.

Tutto sul coniglio.
Nome cinese : tù - 兔
Gli anni : 1915, 1927, 1939, 1951, 1963, 1975, 1987, 1999, 2011
Migliori amici : pecore e maiali.
Da evitare : galli.
Il colore : verde chiaro.
Le pietre : perle e smeraldi.
Le ore del giorno : dalle cinque alle sette di mattina.
Il mese : marzo.
Conigli famosi : Martin Lutero, Albert Einstein, Arturo Toscanini, Sting.


Il dragone vive in uno stato di costante bisogno di attenzione. Ha un carattere magnetico e risoluto, è sincero, talvolta troppo, al punto da risultare sgradevole nella sua schiettezza. Non sempre la verità fa piacere, e il dragone te la dice in faccia.

Spesso si tuffa in imprese idealistiche, è un perfezionista esigente verso gli altri ma prima verso se stesso. A sorpresa sa anche mostrare inaspettati lati teneri. Con l’irruenza che lo caratterizza non teme di innamorarsi, e cerca affetto e sintonia mentale nel partner.

Tutto sul dragone.
Nome cinese : lóng - 龙 (tradizionale : 龍 )
Gli anni : 1916, 1928, 1940, 1952, 1964, 1976, 1988, 2000, 2012
Migliori amici : topi e scimmie.
Da evitare : cani.
Il colore : verde-blu.
Le pietre : zaffiri e opali.
Le ore del giorno : dalle sette alle nove di mattina.
Il mese : aprile.
Dragoni famosi : Giovanna d’Arco, Sigmund Freud, Martin Luther King, John Lennon.

martedì 1 febbraio 2011

Omo-news

Ho sempre avuto una istintiva ma razionale repulsione nei confronti dei crociati. Quelli che, improvvisamente fulminati sulla via di Damasco, fanno della propria vita una ossessiva missione per convincere gli altri che la loro strada è irrimediabilmente sbagliata, che abbisognano urgentemente di una redenzione, che non possono – per sé ed i propri cari – continuare ad insistere nei loro turpi vizi.

Di questa categoria fanno di diritto parte gli ex fumatori pentiti. Appartengo alla prima parte della specie. Ma non alla seconda. Ho smesso di fumare da anni. Ma non trascorro le giornate rompendo i corbelli a chiunque sorprenda con una sigaretta in bocca, rendendolo edotto, con dovizia di particolari raccapriccianti, di quanto fatale e funesta sia questa sua abitudine. Certo, se uno mi fumasse accanto mentre sono al ristorante mi darebbe fastidio, e glielo farei educatamente notare. Ho rimbrottato l’amico cinese che fumava tenendo in braccio una figlia di tre anni. Ma da lì a fare proselitismo catastrofista, ce ne passa. Come diceva l’aforisma, fumare è un lento suicidio: ma del resto, chi ha fretta?

Della stessa risma, pur con differenti vizi pregressi, deve essere Peter Madden. E chi è?, mi chiederete ora. Un politico australiano che vuole ripulire la sporca Sydney. Non fraintendete. Non è un verde che vuole più cestini dell’immondizia, più parchi e meno auto in centro. Vuole ripulire Sydney dal malcostume e dalla corruttela carnale. Scagliandosi contro il Mardi Gras, storica parata di omosessuali per le vie della città, una variopinta e allegra sfilata carnevalesca che la gran maggioranza degli australiani prende per quello che è, un fatto di costume, un’occasione di familiarizzare con la diversità sessuale, che a Sydney, città d’avanguardia, non è guardata con sospetto, critica o derisione.

No, mister Madden dice che è l’ora di finirla con queste manifestazioni e le perversioni che promuovono. Parola di ex sesso-dipendente. Uscito da un torbido passato, in cui – per sua stessa ammissione – ha frequentato delle prostitute, ed è andato a letto con dozzine di donne. Cosa che qui in Italia, per inciso, lo qualificherebbe automaticamente per un posto da primo ministro. Ma torniamo al nostro moralizzatore. Altri punti del suo programma politico: no ai teenagers ubriachi – su questo concordo, ma mi dica con che metodi intende raggiungere tale lodevole scopo. No alla prostituzione fuori controllo. Ah, ma allora è una fissazione! Intende controllarla, o sradicarla del tutto da Sydney? E, di grazia, come, visto che il mestiere più vecchio del mondo sembra non subire gli effetti di alcuna crisi economica, e anzi le tariffe in Italia, dopo le recentissime rivelazioni dei bonifici a qualche inquilina dell’Olgettina, si aggiorneranno subito verso l’alto, tipo la benzina che ha sempre una buona scusa per crescere di prezzo.

Ma l’argomento che mi ha sbigottito e sul quale, nonostante qualche ricerca, non sono riuscito a trovare una spiegazione, uno straccio di ragionamento che mi aiutasse a capire, è questo: no alle corsie per le bici che uccidono le imprese locali (si suppone parli di negozi e bazar). Prego? Che significa, Madden? Chi va in bici non ha bauliera a sufficienza da accogliere il frutto del doveroso shopping? I ciclisti, correndo a rotta di collo su e giù per i saliscendi di Sydney, investono i clienti dei negozi? Le piste ciclabili portano via prezioso spazio parcheggiabile? Per favore. Siamo seri. In tutto il mondo civile si cerca di favorire l’uso del ciclo rispetto al motore, specie nel centro. Cos’è questa opportunistica, bottegaia controtendenza? Quando andrò in Australia cercherò di farmi spiegare da qualche amico locale, ammesso che almeno a lui sia chiaro il raziocinio della cosa.

Infine: mi infastidisce abbastanza quel suo inquietante sogghignare da un manifesto, proponendosi come “antidoto” al governo attuale, e affermando di voler spianare come un rullo compressore tutto ciò che, a suo nuovo giudizio, è moralmente riprovevole. Specialmente perché si sente incaricato direttamente da Dio di portare avanti la sua battaglia purificatrice, a suon di anatemi. Dalla pulizia delle strade alla pulizia etnica spesso il passo è breve.

Come dice un recensore australiano di mente più illuminista, chi l’avrebbe detto che qualche migliaio di ragazzotti marcianti ed un battaglione di lesbiche in motocicletta (in inglese è bellissimo: dykes on bikes) potesse essere così deleterio per tutta la folla che assiste in allegria alla passerella carnascialesca?


Cambiamo continente. Uganda. David Kato, attivista gay, è stato ucciso a martellate in casa sua, a Kampala. Dopo essere stato anche in prigione per il suo attivismo, aveva vinto la sua battaglia giudiziaria solo tre settimane fa, contro un giornale che ne chiedeva l’impiccagione. Per il reato (o peccato, fate voi) di essere omosessuale. La polizia parla di una rapina andata a finire tragicamente. Ma visto il pesante clima di ostilità e minacce, perfino di morte, contro la comunità gay, molti si domandano se l’uccisione non sia stata un’esecuzione. Del resto, quando dei giornali possono pubblicare titoli come “impiccateli”, e dei parlamentari presentare decreti per condannare all’ergastolo o alla pena di morte gli omosessuali, che grado di tolleranza – e di civiltà – ci si può aspettare da una nazione?


Ed eccoci in Asia. Precisamente in Tailandia, da cui viene l’unica buona notizia della settimana, sempre in tema. Una reginetta di bellezza locale ha passato le selezioni ed è stata assunta da una nuova aviolinea, la PC Air. Cosa c’è di strano? Che Thanyarat Jiraphatpakorn, detta Khun Film (per fortuna, le corde vocali ringraziano) è un transessuale. Per la prima volta al mondo, lei ed altri due trans sono stati assunti, insieme con 10 colleghi maschi e 17 femmine, come personale di bordo degli aerei. E sono felicissimi di non essere stati discriminati, come era loro già capitato in passato.

Per evitare imbarazzanti equivoci alle frontiere, la targhetta sull’uniforme recherà l’interessante definizione “terzo sesso” per il genere. Mi auguro che l’aerolinea avrà il garbo di non impiegarli su rotte verso nazioni con varchi doganali separati per maschi e femmine (paesi Arabi, India, e parecchi altri). Sarebbe certamente complesso spiegare ad una fila di uomini intolleranti alla promiscuità cosa ci faccia tra di loro una signorina tutta truccata con tanto di gonnella, o peggio ancora immaginare una poliziotta in hijab effettuare il tipico esame tastatorio, scoprendo con raccapriccio che la hostess è armata, ma non di oggetti dalle finalità terroristiche!