domenica 28 aprile 2013

Unsung heroes

Questa è la storia della moglie di Li Shaohua. Lui, come tutti i giorni, era partito la mattina presto per andare a lavorare nel cantiere edile. Lei era rimasta a casa con la figlia di nove anni e la vecchia suocera.

Una mattina come tante altre nel villaggio di Renjia, provincia cinese del Sichuan. Ma alle otto e cinque di sabato scorso, 20 aprile, un sisma di magnitudo sette ha sconquassato il paesello di Li. La moglie ha fatto in tempo, in quegli istanti concitati, a portar fuori la suocera di 86 anni. Poi è tornata dentro, per mettere in salvo la figlia che ancora dormiva, essendo il sabato festivo per la scuola. Ma l’edificio è crollato, seppellendole entrambe sotto le macerie.

Dopo sette giorni, come prescritto dalla tradizione cinese del touqi, Li Shaohua ed il figlio diciannovenne, superstite perché si trovava lontano, all’università, hanno reso omaggio alla tomba dei loro familiari perduti.

È stato il destino di un evento naturale a portarvi via, per favore non dateci la colpa - hanno mormorato piangendo mentre chiedevano loro perdono per non esser stati lì per salvarle.

Una piccola tragedia tra le tante del nuovo terremoto nell’inquieto Sichuan. Neppure il nome sappiamo, di questa coraggiosa donna. Rendiamole almeno un omaggio postumo. La signora Li ha incarnato – fino alle estreme conseguenze – l’esempio della dedizione e del rispetto nei confronti della vecchiaia. I valori di una Cina antica che va scomparendo, con le nuove, viziate, giovani generazioni. È bello – e triste allo stesso tempo – sapere che ci sono ancora donne come la moglie di Li Shaohua. Capaci di eroismi anonimi. Unsung heroes.





martedì 9 aprile 2013

Mal pro vi faccia

Cresciuto in una famiglia in cui il rispetto delle regole della buona educazione era esercizio diligente e quotidiano, una deprimente immagine scoperta per caso in rete mi fa riaffiorare alla memoria il diuturno set di regole che disciplinavano il desco.

Non si soffia sulla minestra, anche se brucia! E nemmeno sul cucchiaio. I gomiti, mai appoggiati sulla tavola. Forchetta con la sinistra, coltello nella destra. Mai alzarsi da tavola prima che abbiano finito i grandi. E soprattutto la cosa meno tollerata in quel coacervo di buone maniere bastanti ad educare un piccolo principe, mentre là fuori già si sentivano i clamori delle prime contestazioni giovanili e il sessantotto era dietro le porte: mai e poi mai leggere a tavola. Guai anche solo il pensiero di portarsi un giornalino, fresco di stampa e ancora profumato d’inchiostro, nelle vicinanze della refezione. Guai. Roba da andare a letto senza cena.

Così tanto incistati nelle profondità del subconscio sono questi antichi insegnamenti che tuttora provo un velato senso di fastidio quando mi capita, al ristorante, di vedere il classico rappresentante da solo che fra un piatto e l’altro distende il giornale sulla tovaglia e si legge l’attualità. Peggio se la scena vede protagonista una coppia. Non c’è miglior icona della mancanza di comunicativa di un marito – o una moglie – che si fa i fatti suoi, nascosto alla vista del consorte da un foglio rosa o da una rivista patinata.

Ebbene, qualche orientale indifferente al contravvenire le regole del galateo della tavola, ma sadico a sufficienza da sfruttare le debolezze dei dannati del pranzo-velocissimo-pur-rimanendo-collegati, ha pensato bene di creare un vile manufatto degno delle officine di Torquemada. Manco una zuppa in pace ci si può godere, ora. Sararimen, non avete più scuse. Ora il telefonino dalle mille miracolose applicazioni ve lo regge direttamente la zuppiera. Così vi potranno propinare qualsiasi obbrobriosa sbobba, tanto voi sarete con la testa nelle nuvole, tutti presi a consultare il listino della borsa, o a leggere l’ultimo pettegolezzo ginecologico di qualche attricetta da strapazzo, oppure - o tempora o mores – a giocare a qualche vacuo videogioco parolaio competendo con un altro travet che sta sorbendosi anche lui una brodaglia a tre – o trecento – chilometri di distanza.


E mi interrogo, senza forse voler trovare risposta: cosa direbbe di questi tempi, dai costumi così infinitamente lontani dai suoi, quel gentiluomo vecchio stampo di mio Padre?