mercoledì 2 marzo 2011

T.I.C. - il ritorno… 2a parte

Più delle parole, in Cina parlano le immagini. Scritte e cartelli. Il primo, appeso alla parete di fondo di una stazione della metrò di Shanghai, una di quelle che non hanno ancora le porte automatiche a salvaguardia da cadute accidentali nel fossato del treno. Pericolo! Saltare nel tunnel è proibito. Non pericoloso. Non mortale. Proibito. La dice lunga su come porre i messaggi da passare ai cinesi: per esempio, per impedire loro di finire sotto un convoglio in corsa. Proibire è meglio che curare.


Nel loro ammirevole sforzo di non tagliare fuori gli stranieri, normalmente restii ad imparare le migliaia di caratteri kanji che compongono il cinese scritto, questi albergatori hanno pensato bene di descrivere il contenuto degli articoli da toilette anche in caratteri romani. Nessuno gli ha spiegato però che se scrivono Xi yi fen, un forestiero digiuno di cinese faticherà a capire che non si tratta di sali da bagno ma di polvere da bucato. Buona volontà mal riposta, nelle mani di incauti traduttori.


Sempre a proposito di ignominie lessicali. Aeroporto di Hong Kong. Sono disposto a transigere sul fatto che una caffetteria si chiami Panopolis. Cerchiamo almeno di apprezzare lo sforzo classicheggiante di chi ha mescolato latino e greco per presentare questa ipotetica città del pane. Ma se avete aperto il vocabolario, signori cinesi, cercate ancora, per favore: già focaccias e ciabattas sono abbastanza orrendi. Ma il plurale di un plurale, questo poi no. Paninis è una faccenda da risolvere con le buone o con le cattive. Roba da stropicciargli tutta la lattuga e scambiare il barattoli del sale e dello zucchero.


Poi dicono che i cinesi sono faciloni e approssimativi. Osservate bene questa serie di insegne di ristoranti. Notate nulla di curioso?

No, non il falsissimo ristorante italiano. Non so se Fellini avrebbe gradito l’involontaria pubblicità o li avrebbe citati per plagio. Otto e mezzo. Ma non il film. Il piano. Dove si trova il ristorante Dai Mo (è l’insegna rossa), e si mangia una buona versione cinese della fondue bourguignonne. Non è all’ottavo. È all’ottavo e mezzo. Per la precisione.

Basta con i cartelli. Ma continuiamo con il gioco, cerca la stranezza. Guardate questo grattacielo, l’ennesima torre in vetro, cemento e acciaio di quella nuova Manhattan chiamata Pudong, e che meno di vent’anni fa era campagna coltivata da contadini shanghainesi.

Sì, qualcosa di sospetto c’è. Proprio là in mezzo, a venti piani da terra ed altrettanti dalla sommità. Vogliamo zoomare un po’?

Ah, ecco. Sei lavavetri. Appesi con una corda, saltellano in caduta controllata da una finestra all’altra. Secchio pendente dal fianco, spugna e tergivetro in mano. E una fiducia quasi infinita nella robustezza della fune lungo la quale scorrono.

T.I.C. (Tutto questo, e altro ancora, Is China).

Continua, ma non so quando, con altri racconti.

4 commenti:

  1. Mi mancavano i tuoi post !
    E difficile l'italiano ! per parafrasare una battuta di Amarcord.
    Be' non abbiamo niente da invidiare ai cinesi. Anche da noi, la lingua italiana viene storpiatia, massacrata, passata spietatamente al tritacarne della francesizzazione : spaghettis, crissinis, tiratmitzu, paninis, pizzas, soupa inglese, primo piatti...ecc...
    Una giusta vendetta. Dal 1550, Generazioni di allievi francesi soffrono a causa di una diavoleria italiana cioè l'accordo del participio passato con l'ausiliare avere. D'altronde lo diceva anche Voltaire : "Il poeta Clément Marot ha portato dall'Italia due cose : la sifilide e l'accordo del participio passato con l'ausiliare avere."
    Alex

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  2. ciao Alex,

    eccomi tornato. Mi spiace per la pausa forzata! Molto interessante l'elenco di orrori lessicali dell'italiano francesizzato. Non oso pensare cosa facciamo noi alla vostra lingua - e a tante altre, in testa l'inglese. Ma siamo in buona compagnia. Continua la ricerca delle insegne ridicole in giro per il mondo!

    In quanto all'accordo del participio passato, mi rendo conto che le abitudini siano dure da modificare. Pensa quante volte, per converso, sento amici italiani fare il classico errore di usare il possessivo maschile o femminile errato, in inglese. Tipico esempio? Noi diciamo suO marito. Gli inglesi - ovviamente - dicono HER husband. Perchè il marito è di lei. Gli italiani dicono - di solito: his husband. Facendo sollevare più di un sopracciglio in terra straniera.

    Grazie della visita e del tuo ritorno, a presto,
    HP

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  3. Volevo scrivere la stessa cosa di Alex. Anche da noi "panini" è considerato un singolare: vorrei un panini. Cosi' per il plurale si aggiunge "s".
    La foto dei lavavetri è da primo premio. Straordinaria. E una volta snobbavi la fotografia... :-)

    A presto

    dragor(journal intime)

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  4. Ciao Dragor,

    interessante. Vedi che si scopre sempre qualcosa di nuovo. Non sapevo della storia del... panini.

    Hai buona memoria. Una volta credevo che il racconto, da solo, bastasse. Poi ho riscoperto il piacere, coltivato fin da ragazzino e per qualche tempo accantonato, di scattare delle fotografie. L'immagine talvolta ha una potenza che mille parole non son grado di esprimere. Ma continuo a esser dell'idea che ci sono delle emozioni che non si possono ritrarre, se non con la penna.

    Grazie della visita e del commento, a presto,
    HP

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