sabato 12 marzo 2011

The big one

Tutti concordano su una cosa: è stato il terremoto più forte che abbiano sentito. È raro che i giapponesi manifestino sentimenti, e men che meno la paura. Spaventoso, il termine usato dai testimoni del sisma, intervistati da giornali e televisioni, ma ripetuto anche nelle mail che ho scambiato stamani con le persone con cui ero a Tokyo solo una settimana fa.

Stiamo tutti bene, ma treni e metrò sono fermi, non sappiamo come andare a casa (spesso distante da una a due ore di viaggio dal centro di Tokyo), forse stanotte dormiremo in ufficio.

Piccolo sollievo. Ma il disastro è inimmaginabile. Villaggi travolti, città allagate e svuotate, treni e navi svaniti, case trascinate via come scatole di fiammiferi. Incendi, esplosioni, centrali nucleari a rischio, una conta di morti, feriti e dispersi necessariamente provvisoria ed approssimativa.


Al clamore mediatico tipicamente italiano, con titoloni a piena pagina, abbondanza di foto e video, servizi di apertura in tivu, caccia al reportage fai-da-te con inviti agli italiani in loco a raccontare la propria avventura, si contrappone la discreta e minimalista reazione della stampa giapponese. Una foto o due, un articolo non più lungo né più passionale di altri brani, che raccontano di primi ministri coinvolti in scandalose donazioni da parte di privati (non che voglia giustificarlo, per carità, ma parliamo di diecimila euro a malapena, mica milioni...), oppure della violenza domestica in crescita, o anche degli impegni ufficiali della coppia imperiale. Insomma, un modo molto giapponese di raccontare un dramma.

All’irrimediabile bilancio di perdite in vite umane si aggiunge una rimediabilissima, ancorchè immane, contabilità dei danni materiali. Il Giappone, abituato a convivere con la natura ballerina del proprio suolo, si rimboccherà le maniche e con alacrità nipponica ricostruirà quanto distrutto in pochi minuti di terremoto, da poche ondate di tsunami.


Noi latini, abituati alla teatralità e all’esternazione, ci stupiamo nel vedere l’apparente calma con cui la gente reagisce ad un sisma che fa oscillare e cadere oggetti, crollare pezzi di intonaco, aprire crepe nei muri e nelle strade. Ma l’innato senso dell’ordine e della pazienza, esercitato quotidianamente fin dall’infanzia, ha fatto sì che milioni di persone di Tokyo, impossibilitate a tornare a casa per il totale blocco dei mezzi pubblici, si siano adattate, come meglio potevano, alla situazione. Senza panico, senza proteste, senza soperchierie da furbastri. Stanotte dormiremo come capita. Domani è un altro giorno, si vedrà.


Passata l’emergenza, ristabilito il momentaneo equilibrio in questa terra agitata dal di dentro, ottemperato il triste dovere di rendere omaggio ai morti, assisiti e curati i feriti, inizierà la silenziosa e laboriosa opera di ricostruzione.
Applicando le tecnologie in cui sono maestri, tireranno su nuovi villaggi e nuove città, che saranno in grado di resistere, se non ai big one come questo, alla maggioranza dei terremoti che quotidianamente scuotono il Giappone.

Se fosse successo in Italia, molto probabilmente sarebbe stata un’apocalisse. Non sarebbe rimasta in piedi nemmeno una casa. E non abbiamo nemmeno la scusante di dire, tanto l’Italia è una terra solida. Tuttaltro. Solo negli ultimi quarant’anni: Belice; Friuli; Irpinia; Assisi; Urbino; L’Aquila. E quanti altri, minori, dimenticati o quasi, tranne da chi ne ha subito dei danni o perdite di parenti. Un secolo fa Messina e Reggio Calabria furono rase al suolo da un terremoto. Allora gli tsunami si chiamavano maremoti. Insieme questi due disastri provocarono centoventimila morti. Oggi una simile calamità ne farebbe altrettanti, certo non di meno. Perché non abbiamo fatto dei gran progressi da allora. Facciamo affidamento sulla buona sorte, più che sulle tecniche disponibili. E pensare che basterebbe andare a lezione dai professionisti.

Che cosa ci insegna un evento disastroso come il terremoto giapponese? Che occorre più umiltà. Nei confronti della natura: noi non la dominiamo, è lei che domina noi. Nei confronti degli uomini. Si può cercare di difendersi dai terremoti. Ma il profitto e l’ignoranza spesso fanno trascurare la sicurezza. Per questo i giapponesi sono davanti a noi: perché accettano con umiltà la forza della natura, e nel frattempo fanno del loro meglio per proteggersi dalla sua furia.

Impariamo da loro, prima che sia troppo tardi.


10 commenti:

  1. Non è successo nulla a Tokyo. Pero, secondo un amico la gente sta perdendo la calma. Gli abitanti non ne possono più dei gaijin che rompono le corbelli a tutti : blabla era la fine del mondo, blabla, due scaffali ci sono caduti addosso, blabla, il palazzo oscillava...ecc. Ma qualcuno si rende conto : Li, c'è gente che ha perso famiglia, amici a Sendai. Gente ancora senza notizie....Allora, basta con le lamentazioni, non piagnucolare...un po' di dignita.
    Alex

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  2. Un terremoto meno forte ha provocato 300.000 morti ad Haiti, segno che la prevenzione giapponese funziona bene. Le case sono rimaste in piedi, purtroppo la tsunami era imparabile. Per fortuna sei partito in tempo, poteva caderti qualche libro in testa :-)Scommetto che avresti dato una lezione di calma ai giapponesi scrivendo un bel post in diretta. Alla TV ho visto gente che continuava a scrivere sul computer mentre l'ufficio ballava
    Anche da noi è zona sismca e tutti i nuovi edifici devono essere costruiti secondo le norme antisismiche. L'ultimo terremoto, circa 3 anni fa, era 2,6 sulla scala scala Richter. E' bastato per sbilanciarmi mentre mi stavo sedendo e sono finito sul pavimento

    Splendido post, sapevo che lo avresti scritto. Ciao HP, a presto

    dragor (journal intime)

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  3. IO sto su ad Akita, piu` che lo Tsunami la grande paura era il reattore. Si e` attesi con paura controllata i vari aggiornamenti.Per ora sembra sia andata bene, ora si ricomincia.
    Un terremoto del genere avrebbe spazzato via l`Italia in quel quarto d`ora interminabile.I palazzi giapponesi hanno fatto il miracolo.
    SI sono piegati ma non spezzati. Cosi faranno i giapponesi, ed io con loro nell`opera di ricostruzione.

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  4. @ Anonimo 1 - grazie dell'apprezzamento!

    Ciao, a presto,
    HP

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  5. ciao Alex,

    sì, concordo con te, penso che ci saranno gaijin piagnucolosi che daranno sui nervi ai giapponesi, che hanno ben altro per la testa che consolare gli impreparati, che si lamentano per qualche irrisorio dannetto. Poi - sono convinto - ci saranno anche i gaijin che hanno assorbito parte dello spirito nipponico, e sanno come comportarsi (vedi il commento n. 4).

    Grazie della visita e del commento, a presto,
    HP

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  6. ciao Dragor,

    grazie del commento. Non c'è dubbio che i giapponesi (e i taiwanesi) sappiano il fatto loro, in quanto a costruzioni antisismiche. Contro lo tsunami non c'è altro che un allarme immediato (nel 2004 molti sono morti per la trascuratezza dei governi locali, mal strutturati ed ignoranti).

    Preferisco certamente non aver vissuto questa esperienza, ma se fossi stato a Tokyo credo che - complice la presenza dei miei colleghi locali - non avrei perso la testa.

    Non siamo così distanti, Dragor, e speriamo che le scossette si limitino sempre a piccoli numeri dalla scala Richter - se no saranno guai seri.

    Grazie dell'apprezzamento, buona domenica, a presto,
    HP

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  7. Ciao anonimo "giapponese",

    Akita è sotto la zona rischio del reattore di Yamagata. Spero davvero che non ci siano danni seri o problemi, perchè con il nucleare non si scherza. Chernobil insegna...

    Bellissimo commento, grazie per esserti dato la pena di scriverlo, dopo avermi letto. Le ultime frasi sono un'icona di orgoglio e modestia insieme, molto nipponica. I palazzi si sono piegati ma non spezzati. Altrettanto faranno i giapponesi - e tu con loro. Davvero encomiabile e bello.

    Grazie della visita, a presto, spero,
    HP

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  8. Ero senza PC e non sapevo come fare per mettermi in contatto con te.

    Fortunatamente ne sono tornata in possesso e questo post mi rassicura sulla tua salute.

    Resta la catastrofe giapponese, nella sua incredibile drammaticità, difficile da commentare.

    Preferisco leggere i tuoi racconti che parlano di un popolo che conosco poco e che mi fanno cogliere sfumature che, diversamente, ignorerei.

    Buona settimana, HP.

    Un abbraccio.

    Elena

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  9. Ciao Elena,

    grazie della premura. Come vedi, tutto bene per me, tornato in tempo in Italia, ma purtroppo tutto male in Giappone, dove si sta affrontando un'emergenza epocale. Milioni di senzatetto, migliaia di morti, una prefettura spazzata via e da ricostruire ex novo.

    Buona settimana, a presto,
    HP

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