sabato 11 giugno 2011

Morale mortale

Dramma in tre atti. Teatro della storia: Xi’an, città dell’esercito di terracotta. Epoca: ottobre dello scorso anno. I personaggi: Yao Jiaxin, studente di conservatorio, 21 anni, famiglia ricca. Zhang Miao, contadina, sposata, madre di un bimbo.

Atto primo – un banale incidente si trasforma in reato. Yao, alla guida della sua vettura, urta Zhang e non si ferma a prestarle soccorso. Quando si accorge che lei sta cercando di annotare il numero di targa, torna indietro, scende dalla macchina e la accoltella a morte, colpendola ripetutamente al petto, allo stomaco e alla schiena. Maniera piuttosto sbrigativa ma indubbiamente efficace per risolvere eventuali richieste di danni per un’invalidità derivante dall’incidente. Nel fuggire dalla scena del delitto investe altre due persone e viene infine bloccato da una folla inferocita. Solo dopo due giorni la polizia collega i due episodi e lo arresta.

Atto secondo – delitto e castigo. Il tribunale di Xi’an, in considerazione della malvagità del crimine, del danno irreparabile causato alla famiglia di Zhang, della disparità sociale tra l’assassino e la vittima, condanna Yao a pagare una compensazione di 5.000 € ai parenti di Zhang. Ma soprattutto punisce l’omicidio volontario, sentenziando per lo studente la condanna a morte.

Il suo avvocato impugna la sentenza, appellandosi alla giovane età dell’imputato e al suo avere agito d’impulso, senza premeditazione. Vuole ottenere clemenza, un verdetto più mite. Vuole che Yao sopravviva alla sua irresponsabile follia. Sono passati sette mesi dall’omicidio. La Corte Suprema di Giustizia conferma la pena. Martedì scorso, 7 giugno, un Yao incatenato e in lacrime firma gli ultimi documenti prima di esser condotto al patibolo.

Atto terzo – le reazioni: vincitori e sconfitti. Dice il commentatore Li: solo il sistema giudiziario vince. Tutti gli altri personaggi coinvolti, le famiglie di vittima e assassino, sono perdenti. Un gruppo di professori del conservatorio dove studiava Yao ha lanciato un appello – inascoltato – per la sua salvezza. Un ricco immobiliarista ha osato scrivere sul suo blog: prego per lui. Provo tristezza nell’ascoltare la notizia della sua esecuzione. È stato immediatamente inondato di commenti critici quando non offensivi, per aver preso le parti di un assassino. Ha dovuto in tutta fretta rettificare la sua dichiarazione, indicando che la sua pietà andava al padre del giustiziato. Che a sua volta ha lamentato l’insensibilità della giustizia: non ha potuto neppure vedere il figlio da morto. Gli è stata resa solo un’urna con le ceneri, dopo la cremazione.

La rabbia popolare non si rivolge alla condanna a morte. Si focalizza soprattutto sull’arroganza delle classi agiate, e approva questa esemplare punizione, a monito di tutti i giovani rampolli che credono di poter risolvere ogni evenienza della vita con il denaro paterno e con la rete di connessioni e aderenze in alto loco. Come dice Li: vince la giustizia, ma perde l’uomo.

4 commenti:

  1. Non capisco perche' la pena di morte abbia tanto oppositori, quando la detenzione a vita e' sicuramente una punizione piu' crudele se la prigione non assomiglia al Negresco. In ogni caso credo che la questione non sia condanna a vita o pena di morte, ma il fatto che una societa' comunista non sia riuscita a eliminare l'arroganza del denaro. Come in qualsiasi paese capitalista e classista,a qualcuno i soldi danno alla testa facendogli credere di avere ogni diritto, compreso quello di accoltellqre le sue vittime.
    Splendido post, una vera tragedia shakespeariana. A presto, buona serata
    dragor (journal intime)

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  2. Non c'è una differenza tra la giustizia e la vendetta ? Non ho capito perché la "giustizia" cinese avrebbe vinto qualcosa. Perché si è rifatta una verginità assassinando Yao Jiaxin dopo una campagna mediatica orchestrata dal potere centrale ? Bo, possono assassinare tutti gli Yao Jiaxin di Cina finché non ci sarà una giustizia indipendente dal potere politico, dei giudici capaci di apprezzare la legge, non ci sarà giustizia. Poi, tutta questa gente che ha votato su internet la morte di Yao Jiaxin ; l'avvocato di Shanghai che ha dato 1 dollaro al marito ogni volta che riceveva un twitter per la morte di Yao Jiaxin. Che senso ha ?
    Alex

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  3. Ciao Dragor,

    ci sono molti interrogativi che rimangono irrisolti, parlando della società cinese di oggi.

    Concordo che un ergastolo possa esser una condanna peggiore di una pena di morte - specie in certe galere. I suicidi (quando davvero sono tali) in carcere spiegano molte cose.

    Difficile oggi chiamare la Cina un paese comunista (se non per l'ufficialissima autodefinizione del partito). Oggi è capitalismo allo stato - quasi - brado. E con esso, l'arroganza che il potere economico e le connessioni politiche si portano appresso...

    Del resto, ho sempre sostenuto, non è facile governare una nazione che ha un quinto della popolazione mondiale. Nel tuo Rwanda ci sono due etnie, e sappiamo tutti come è andata a finire pochi decenni fa. Lì ce ne sono più di cinquanta, manco parlano la stessa lingua, eppure riescono ancora a non far succedere un finimondo...

    Grazie del commento, a presto,
    HP

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  4. Ciao Alex,

    ci dovrebbe essere differenza tra l'una e l'altra. Cosa vince il sistema giudiziario cinese? Secondo i commentatori (orientati, certo, ma chi non lo è?), si è riaffermato ancora il vecchio caposaldo maoista: punirne uno per educarne cento.

    Ha senso la condanna a morte di Yao? Non lo so. Certo non ha senso che un ventunenne creda di poter risolvere qualcosa che richiedeva al massimo l'esborso di qualche centinaio di euro, tirando fuori il coltello e ammazzando a sangue freddo. Questo non ha senso.

    In Cina il sangue scorre facilmente. Si ammazza per poco, si è ammazzati (anche dalla giustizia) per altrettanto poco. Due ladri di oro (un chilo a testa) sono stati condannati a morte giusto la scorsa settimana. Non hanno ammazzato nessuno. Nemmeno ferito. Solo fatto una spaccata e portato via gioielli per vari chili. Eppure. Patibolo per due su tre, ergastolo per il terzo.

    Possiamo solo prender atto, non fare qualcosa per cambiare. Perchè la Cina è così, e non si cambia dal di fuori. Solo dal di dentro, lentissimamente, con i loro tempi dilatati, potrà cambiare qualcosa. E solo quando decideranno che è il momento giusto.

    Grazie dello stimolante commento, a presto,
    HP

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