Avete presente gli autoscontri, divertimento centrale e cuore pulsante di antichi luna park di periferia? Mentre una musica infernale si riversava sull’arena coperta e liscia come un patinoire, ottundendo le meningi degli equipaggi, e una folla di sfaccendati stava in agguato ai bordi, in attesa che si liberasse un’automobiletta per il prossimo giro, dei ragazzetti imberbi ma già brufolosi azzardavano i primi, titubanti approcci verso il gentil sesso, speronando ripetutamente il bersaglio, di solito costituito da coppie di allampanate fanciulle schiamazzanti a tal punto da superare i feroci decibel dell’amalgama di note fluenti da due colossali altoparlanti neri da balera. Alla cassa, procace erogatrice di gettoni, stava seduta una grassa matrona, gli occhi bistrati come un tucano, che si vociferava fosse stata una maitresse, disoccupata dalla legge Merlin e riciclatasi nel mondo girovago dei giostrai. Massima ammirazione, per la sua inveterata perizia, suscitava il tenutario di tale attrazione, spesso dotato di cospicui bicipiti, che si esibiva nel plateale recupero dei mezzi abbandonati in mezzo alla pista, conducendoli con la nonchalance dei forti, ritto in piedi – prode nocchiero in gurgite vasto – sul bordo gommoso della vetturetta, fumando una sigaretta non di rado arrotolata da sé e briciolosa di tabacco, reggendosi con una mano all’asta dell’antennone atto a suggere energia dalla maglia elettrificata a soffitto, sfrigolante nel contatto come una tegliata di fritto di pesce in piazza a Camogli, e dirigendo a una mano quando non direttamente con un piede, prensile alla maniera dei babbuini, sul volante. Le adolescenti in libera uscita pomeridiana, trasognate, spasimavano per l’adulto fustacchione, manco fosse Marlon Brando, vagheggiando un suo bacio ardente o poco più, per il maggior avvilimento degli apprendisti corteggiatori, peraltro senza speranza per carenza di età ed eccesso di acne.
Ebbene, il principio ispiratore del traffico indiano si basa su un presupposto uguale e contrario. I mezzi di locomozione, quali che siano, si muovono in tutte le direzioni senza un’apparente logica, come formiche deliranti in una nube di flit. Anarchia organizzata. Tal quale l’autoscontro di giovanile memoria. Ma lo scopo è opposto: percorrere la maggior distanza possibile evitando di toccare qualsiasi altro veicolo (vale anche per i pedoni, numerosi e taluni dal dribbling ubriacante meglio di Sivori) venga a trovarsi repentinamente sulla propria traiettoria. Ci sono veri maestri di questa arte, e nei pochi giorni di permanenza a Delhi ho avuto il piacere – se così si può dire – di incontrarne più d’uno. La prima, basilare regola di guida è usare il clacson ogni circa dieci o dodici secondi. Anche se non c’è nemmeno un cane in strada (raro, ma può capitare). Se poi si tratta di impegnare un incrocio o meglio ancora una rotatoria, l’uso della tromba diventa non solo consigliato, ma obbligatorio. Ne scaturisce una cacofonia di suoni, nella quale si liquefa la manuale e vana fatica dei ciclisti i quali, per non essere da meno, si consumano le dita sul campanello.
Mi correggo. Una rotonda non si impegna, si aggredisce. Il rinomato tassista autoctono vi entra con imperio, senza mollare per un istante l’acceleratore, e infischiandosene se è in rotta di collisione con una miriade di mezzi, biciclette e autorisciò, vetture di taglia simile e torpedoni ansimanti e tenuti insieme da strati geologici di vernice. Su uno di questi ho letto una scritta, vergata a mano sotto il lunotto posteriore: horn please. Per favore, suonate. Come se ci fosse bisogno di invitarli a farlo.
Precedenza? Concetto sconosciuto. Vince chi mette il muso davanti all’altro. E il bello è che funziona. Chi si vede la strada tagliata, ammette serenamente la sconfitta, rallenta, si ferma, talvolta inchioda di colpo. Nessuno scende con il cric in mano per farsi giustizia sommaria, ma continua il proprio tragitto, placido come le mucche, oziose nel bel mezzo delle strade, e neanche uno che osi disturbarle. I tassisti fanno segno al forestiero appena salito a bordo accanto a loro di indossare le cinture: non temono multe dai vigili, ma parabrezza sfondati a testate da passeggeri stranieri non avvezzi a reggersi saldamente.
Benvenuti in India, la più immensa pista di autoscontri del mondo. Buon divertimento. Ah, e non dovete nemmeno passare dall’ex-ruffiana a comprare i gettoni. Si paga alla fine del giro. Come per i lanci col paracadute, il bungee-jumping e gli ottovolanti, una doverosa avvertenza: fortemente sconsigliato ai cardiopatici.
Prima pubblicazione : 10 dicembre 2008
Bella testimonianza. Delhi è come Il Cairo, scene identiche. Ho visto un carretto tirato da un asinello (tipo quelli siciliani) bloccare un'intera carreggiata verso Giza perché aveva rovesciato il proprio carico di frutta e verdura. Un marasma totale, impensabile alle nostre latitudini.
RispondiEliminaciao Pim,
RispondiEliminagrazie della visita e del commento! Credevo di aver visto pressochè tutto frequentando con una certa assiduità la Cina, ma devo dire che da quando vengo in India mi sono ricreduto. C'erano cose da scoprire, delle quali si sarebbero meravigliati perfino i pur scafati cinesi...
E sono certo che, come dal tuo racconto, ci siano ancora tante altre cose da scoprire in Africa e Medio Oriente...
Grazie del tuo contributo, ciao, a presto,
HP
Hanno il senso dell'umorismo i tassisti indiani, la 500 locale si chiama ambassador ! Ambassador o no, niente potrà salvarti la pelle se provochi un ingorgo sulla pista. E la sola regola da rispettare come per gli autoscontri. Perché mi sono fermato al semaforo urla il tassista sotto il diluvio di horn. Siamo morti Sahib ! il motore si è bloccato non posso riavviarlo...ti viene in mente una parola "hallali" ma già vedi attraverso il lunotto la gente precipitarsi per il linciaggio finale...Se avessi portato la ruffiana con me, lei, avrebbe saputo cosa fare...pensieri inutili ormai...
RispondiEliminaAlex
ciao Alex,
RispondiEliminabel senso di osservazione, vedo che vai nei dettagli dei post!!
Inquietante crescendo nel tuo commento. Sembra un fotogramma di Black Hawk Down...
Pensieri sparsi, belli. Mai inutili.
Ciao, a presto,
HP
Leggendo mi è venuta nostalgia per il lontano autoscontro.
RispondiEliminaDovrò andare in India per ritrovare le stesse emozioni? Andrei molto volentieri, anche per gustare un curry autoctono e ammirare finalmente delle mucche felici.
Tesea
ciao Tesea,
RispondiEliminagrazie della visita. Mi piace il tuo metodico scorrere tra i vecchi post ed ogni tanto lasciarmi una traccia del tuo passaggio con un commento.
Il curry indiano non si batte, per quanto ci provino un po' in tutta l'Asia. In quanto alle mucche, sono tranquille e serene. Ma a Delhi stanno progettando di spostarle (senza offenderne la sensibilita') per evitare i problemi che creano al traffico...
Ciao, a presto,
HP