Avete mai pensato che in giro per il mondo c’è chi somministra ancora delle punizioni corporali? Penitenziagite. Ce lo ha insegnato la Santa Madre Chiesa che umiliare il corpo fa bene all’anima.
Oggi è alla ribalta della cronaca di Singapore il caso esecrabile del trentaduenne svizzero che, con un complice inglese, si è nottetempo intrufolato nel deposito del materiale rotabile della metropolitana ed ivi, armata la mano di bomboletta spray, ha disegnato un graffito – in realtà, ha scritto un esoterico nome, McKoy Banos – sulle fiancate di un paio di dormienti vagoni. Questo nella notte tra il 16 e il 17 maggio. Non del 1993, come sarebbe verosimile in un fatto criminale italiano, ma di quest’anno.
L’improvvisato pittore Oliver ha ricevuto una sentenza di cinque mesi di carcere e tre colpi di rattan per vandalismo di proprietà pubblica, violazione di area sorvegliata e taglio della recinzione protettiva.
Che cosa abbia spinto i due allegri compari a fare questa mattata non è dato sapere. Forse l’alcool, che peraltro non è considerato un’attenuante dalle Corti di Singapore. Anzi.
Tre colpi di rattan. Detto così non fa un gran effetto. In fondo, quanti sanno che cosa sia il rattan? Ebbene, questa storia ci dà lo spunto per fare qualche sana riflessione.
Tanto per cominciare, mai ce ne fosse stato bisogno, è la conferma che l’essere straniero non dà diritto ad alcun genere di impunità. Quando sei a Roma, fai come i romani. E a Singapore, da qualsiasi paese tu provenga, bada bene di fare come i singaporeani.
Che non hanno affatto preso bene la sentenza. Troppo mite, si scatenano gli internauti locali. Ma come, tre soli colpi di rattan? Appena cinque mesi di galera? Tanta gente chiede, se fosse stato un locale o un cittadino cinese, invece che uno svizzero, quanti colpi gli avrebbero dato? E quanti anni, visto che la pena per i suoi reati poteva arrivare a cinque anni? Uno sconto clamoroso, mesi invece che anni.
Poi c’è chi mette il dito nella piaga, sottolineando che l’elvetico reo altro non ha fatto se non evidenziare le carenze della sorveglianza notturna di un’area di interesse strategico. E se invece che di una bomboletta spray, il nostro fosse stato armato di una bomba a tempo, da nascondere in una carrozza e far deflagrare quando era piena di pendolari? Se uno svizzero si può far beffe di recinzioni e zone sorvegliate, che tutela offre la città-stato contro i terroristi di Jemaah Islamiyah?
C’è infine uno zoccolo duro di xenofobi che suggeriscono di trasmettere in diretta la fustigazione, qualcuno si offre volontario per somministrare le frustate, altri vorrebbero i colpi così violenti da costringere lo scriteriato bombolettaro a viaggiare tutto il tempo in piedi, da Singapore alla Svizzera, dove certamente verrà estradato una volta scontata la pena.
La seconda doverosa riflessione riguarda la terrificante rapidità della Legge. Un mese e mezzo per un processo penale. Da noi non basta nemmeno per leccare le marche da bollo da appiccicare sulla citazione. L’uomo ha presentato appello. Col rischio di vedersi aumentata la sentenza, visto che il terzo reato è ancora in sospeso, ed i cinque mesi sono stati comminati per i primi due.
Le terza riguarda l’accanimento del popolo contro lo straniero, reo di fregarsene degli usi e delle leggi locali. Sorprende che sia stato proprio uno svizzero a macchiarsi di tale onta. Uno se li immagina tutti belli precisi, come i loro orologi, rispettosi dei limiti, attenti a non oltrepassare il muro rassicurante della decenza. E invece vedi un po’ il buon Oliver, consulente aziendale nel settore IT, cosa ti combina.
L’ultima non è una riflessione, ma un invito. Se non avete idea di cosa significhi la fustigazione col rattan, in vigore sia a Singapore che in Malaysia, fate come me. Guardate – se ce la fate, fino in fondo – un video che è un pugno nello stomaco. Ma fa riflettere, ammesso che uno ne abbia voglia e coscienza. Se ci fosse più gente che lo fa, magari diventerebbero un po’ meno i fautori di questa punizione corporale, i sostenitori della corrente di pensiero che si domanda, perché tre colpi soli, giudice? Singapore sta forse diventando acquiescente con gli stranieri?