Le disparità cinesi hanno prodotto un nuovo, sintetico, straordinariamente triste neologismo. La città che non dorme mai non è più New York, come cantava Frank Sinatra, ma Shanghai. Piccoli essenziali supermercati (quelli che in Giappone chiamano convenience-stores) e fast food appestati di immarcescibile sentore di fritto stanno aperti giorno e notte. E questi ultimi sono diventati la meta dei senza casa alla disperata caccia di fortuna nella metropoli più megalomane della Cina.
I McRefugees cercano ogni sera un tetto sotto il quale dormire. Talvolta non sono disoccupati, ma fanno quei lavori la cui retribuzione non basta nemmeno per un bugigattolo a Shanghai. I datori di lavoro, a questi emigranti arrivati qui nella speranza di vincere la lotteria dell’arricchimento metropolitano, offrono talvolta un letto. Ma in stanzette da condividere in otto, magari senza bagno. Allora, invece di passare la notte come uomini-sardina, tra gli odori – e i rumori – corporali di disgraziati sconosciuti di cui non ci si può fidare, certi preferiscono scegliere la squallida accoglienza di un fast food deserto. Con le sue luci finto allegre, con i suoi fantocci che sorridono beffardi agli avventori mal ingrassati, con quel tangibile afrore di frittura che ti avvolge come un sudario.
Fanno degli studi, addirittura. Dove le poltrone sono imbottite, più morbide e accoglienti, o dove i camerieri sono più tolleranti e – chiudendo un occhio – permettono loro di chiuderli entrambi per qualche ora.
Con la casta dei McRefugees si è creata una nuova professione, i buttafuori che la notte ripuliscono i locali trasformati in dormitori da cinquanta persone. Anche perché a marzo ci è scappato il morto. Un cameriere, studente universitario che lavorava di notte per pagarsi la retta, è stato accoltellato mentre cercava di impedire a due individui di sdraiarsi sulle sedie del locale. L’assassino è stato arrestato dieci giorni dopo il fattaccio. Ma intanto una madre piange l’unico figlio, vittima di una guerra tra poveri, per aver cercato di metter ordine in qualcosa di nemmeno suo.
Da allora la polizia ha intensificato le ronde notturne, controllando documenti di identità e estradando chi non aveva buone ragioni per stare a Shanghai (in Cina, per vivere in una provincia che non sia la propria, occorre avere un lavoro ed un alloggio dove si risiede – ma non basta ad acquisire la cittadinanza).
Albeggia. Poche facce assonnate si rialzano dai rudimentali giacigli, spesso fatti di sedie accostate. Fanno la fila per lavarsi la faccia e cominciare un’altra giornata, di misero lavoro o alla ricerca di uno. Qualcuno sogna il lusso di fare un bagno caldo. O di comprarsi un altro vestito. O di riuscire finalmente ad avere un certificato sanitario che gli permetta di passare dall’altra parte della barricata. In fondo, se uno deve stare lì, è meglio essere pagato per vendere hamburger e patatine piuttosto che correre il rischio di esser buttato fuori tutte le notti. O di esser portato via su un cellulare blu, per esser poi spedito lontano, talmente lontano da non ricordarsi nemmeno più di quella sfavillante, puzzolente, rumorosa, intossicante metropoli che è Shanghai. McRefugees: i nuovi paria.
Rieccomi, dopo una pausa forzata di una decina di giorni. In Cina non si riesce in alcun modo ad accedere a molti siti di blogging. Tra cui il mio e quelli che appartengono alla stessa rete di blogspot.
RispondiEliminaFuori dalla Cina, tutto funziona di nuovo regolarmente. Grazie della pazienza...
HP
Colpa nostra. Dietro ogni Ipad che compriamo c'è il sangue di uno schiavo (paga oraria : 30 cents) della foxconn.
RispondiEliminaForse l'uomo della foto sta pensando alla Shanghai di una volta....tingzijian blues :
http://www.youtube.com/watch?v=ztNSM-36vp8
Alex
ciao Alex,
RispondiEliminaottima citazione. In effetti in Cina si parla molto in questi giorni della novità assoluta: gli scioperi nelle fabbriche. In particolare, Foxconn e Honda. E' un argomento sul quale scriverò qualcosa, appena ho tempo.
La Shanghai di una volta sta scomparendo. Un intero quartiere, fabbriche e case comprese, è stato raso al suolo per far posto alla Expo. E' la Cina di oggi.
Grazie del commento, a presto,
HP
Dalla bandiera rossa al McDonald.
RispondiEliminaEvviva il trasformismo!
Tesea
ciao Tesea,
RispondiEliminanon c'è niente che si trasforma più in fretta della società cinese. Bandiera rossa, McDonald, capitalismo sfrenato e sfilate oceaniche tutte convivono sotto lo stesso tetto. L'unica cosa che non cambia mai è l'inossidabile potere della nomenclatura di Pechino.
Grazie della visita, a presto,
HP