martedì 24 agosto 2010

Carne da macello


Che differenza c’è tra la fotografia qui sopra e quella sotto?


Otto vittime innocenti, del tutto casuali, solo ieri mattina ancora totalmente ignare del destino balordo e brutale che stava per abbattersi su di loro. Otto turisti di Hong Kong ammazzati a colpi di mitraglia dopo dodici ore da ostaggi in un autobus a Manila.

I fatti: Rosario Mendoza, ex-poliziotto filippino di 55 anni, cacciato dall’arma e privato dei benefici pensionistici per una storia di tentata estorsione, rapina, minacce gravi (quisquilie dunque…) ferma un bus di turisti, ingannando l’autista con la sua divisa indossata abusivamente e criminalmente. Dopo una intera giornata di trattative, che portano almeno al rilascio di nove degli ostaggi, la sera la situazione precipita, il bandito spara, i poliziotti attorno al mezzo cercano di spaccare i vetri, rispondono al fuoco, gettano lacrimogeni, sembrano scoordinati e senza un piano d’azione serio, non tentano l’assalto perché il criminale si fa scudo degli ostaggi, alla fine un cecchino riesce a inquadrare l’ex collega e lo fa secco con un colpo in testa.

Le notizie iniziali, che parlano di un paio di morti, sono purtroppo destinate presto ad essere smentite. Nell’isteria del momento, tra donne urlanti, gente sanguinolenta che viene calata fuori dall’autobus attraverso i finestrini sfondati, poliziotti che finalmente osano avvicinarsi, dato che il bandito è lì penzoloni a braccia in giù, mezzo dentro e mezzo fuori, e ormai non rappresenta più un rischio, perché gli hanno aperto il cranio come un cocomero, non ci si rende conto che Mendoza ha portato con sé, nell’ultimo gesto di follia della sua vita, otto stranieri che erano a Manila per una vacanza. E speriamo si salvino tutti i feriti, visto che alcuni sono gravi.

Questo piccolo massacro ha scatenato la stampa asiatica. E non solo la stampa. Una mela marcia danneggia l’intero cesto. Le Filippine, governo e polizia, sono accusate senza mezzi termini di incapacità, quando non di idiozia, per come hanno gestito una situazione di crisi. Tutta la vicenda, fino al drammatico epilogo, è stata trasmessa in diretta da vari canali televisivi. Rendendo un ottimo servigio al sequestratore, che poteva controllare minuto per minuto non solo le mosse dei poliziotti attorno all’autobus (che, come la maggioranza dei mezzi turistici, è dotato di televisore), ma anche seguire dibattiti e interviste a politici, funzionari di polizia e opinionisti vari.

Hong Kong lamenta la perdita di suoi cittadini, e biasima il fatto che la salvezza degli ostaggi non sia stata la priorità dell’azione di polizia. I politici si dicono allibiti e rattristati, e questo è il massimo della partecipazione che sanno esprimere (si sa, sono politici). La gente protesta, offesa dall’incompetenza di chi doveva gestire la situazione innanzitutto tutelando quegli innocenti turisti. Si temono gesti di ritorsione, già ci sono voci che, sull’onda emozionale del fatto, qualche domestica filippina sia stata licenziata dal padrone honkonghese, come se il semplice fatto di esser connazionale di un delinquente fosse sufficiente per ricevere una gratuita punizione.

La ritorsione in realtà è già in atto: il governo cinese ha emesso un’allerta, invitando tutti i cittadini cinesi in visita nelle Filippine ad esercitare cautela, ad innalzare le misure di autodifesa e ad avvisare immediatamente l’ambasciata in caso di qualsiasi emergenza. Come dire: turisti, non andateci. E se ci andate e vi succede qualcosa, non dite che non vi avevamo avvisato.

Gli operatori turistici filippini possono dire un bel grazie al signor Mendoza. Anni di pubblicità, di immagini paradisiache, di spiagge bianchissime e sconfinate, tutto buttato nell’immondizia.

Tutto questo perché un ex poliziotto corrotto (la storia racconta che, insieme a dei colleghi, ha cercato di ricattare uno chef di hotel, accusandolo falsamente di possesso di droga per estorcergli denaro), nonostante fosse stato cacciato, è stato in grado di procurarsi un M16 (un fucile mitragliatore alla Rambo, per intenderci) e con questo gingillo tenere in ostaggio per una giornata 21 persone che erano lì per una gita. Bello, vero? Viva la libertà di armamento. E viva i giudici che mandano liberi dei delinquenti, più delinquenti degli altri perché dovrebbero esser quelli che la legge la fanno rispettare invece di infrangerla.

Che le Filippine non fossero il posto più sicuro dell’Asia era risaputo. Che il livello di corruzione e di disonestà di chi dovrebbe fare e far applicare le leggi (forze dell’ordine, politici, militari) sia endemico è anche una triste realtà. Chiunque vada al potere si trova a combattere (o forse a far finta di combattere) un sistema di clientelismi, di potere fatto di sopraffazione e violenza, di lotte e faide in stile mafioso (l’ultimo clamoroso episodio risale a qualche mese fa, quando 57 tra giornalisti, politici e sostenitori di un candidato a governatore locale sono stati fermati da un commando ingaggiato dal rivale e uccisi a raffiche di mitra; le donne – per aggiungere un tocco machista, sempre apprezzato nelle Filippine – sono state prima violentate).

Le Filippine mi ricordano il Brasile. Una forbice spaventosa tra pochi ricchi ed una maggioranza di poveri. Favelas dove si vive ai limiti della dignità umana. E dei ladroni che invece di governare pensano ad arricchirsi e non esitano a fare ammazzare gli avversari che fossero d’ostacolo nella loro ascesa al potere.

Le Filippine sono l’unico posto dove ho partecipato al funerale di un giovane conoscente, ucciso a colpi d’arma da fuoco da dei banditi che lo hanno aspettato, di sera, all’uscita dall’ufficio.

Le Filippine sono la nazione che se di colpo si prosciugassero i trasferimenti di valuta dall’estero, inviati ogni mese da milioni e milioni di emigrati che fanno i muratori, i marinai, i cantanti e musici, le domestiche, perderebbe la sua maggiore fonte di reddito.

Le Filippine sono un posto dove un ex attore diventa presidente, poi viene messo in galera per una faccenduola di corruzione, talmente irrilevante che i giudici gli danno l’ergastolo, dopo qualche annetto richiede ed ottiene il perdono dalla presidente che gli è succeduta, ed ora, libero come un uccellino, ha pensato seriamente a ricandidarsi per un altro termine presidenziale. Tanto per non perdere il vizio.

Le Filippine sono una terra di sorrisi gentili e di gente rassegnata alla propria povertà.

Le Filippine non si meritano l’incompentenza, l’ignoranza, il menefreghismo, l’arroganza, la violenza di chi dovrebbe governare e tutelare i filippini. Che sono troppo poveri e miti – ma non abbastanza disperati – per fare una rivoluzione.

4 commenti:

  1. E' un racconto sconcertante, HP.

    E non mi riferisco solo alla cronaca, ovviamente.

    Tu hai citato anche il Brasile ed io mi stavo chiedendo quanti siano i paesi in condizioni simili a quelle delle Filippine. O peggiori...

    Ed il conto suscita tristezza ed indignazione. La stessa che hai espresso nel tuo bellissimo post.

    Un abbraccio.

    Elena

    RispondiElimina
  2. Al di là dei fatti, l'ennesimo massacro dopo quello perpetrato l'anno scorso, ho trovato il tuo manifesto in favore delle filippine e della sua gente molto commovente....Racconto sincero da un uomo che ha vissuto sulla propria pelle un'altra tragedia : la morte di un amico...
    Forse un giorno ci sarà una rivoluzione, nascerà un nuovo José rizal...Jean Jaures diceva : "la vita e la morte di rizal lasciano nelle anime una specie di brivido sacro e sembra impossibile che un popolo che ha suscitato tali dedizioni non sia un giorno libero".

    Mi Ultimo Adiós

    ....Si sobre mi sepulcro vieres brotar un dia
    Entre la espesa yerba sencilla, humilde flor,
    Acércala a tus labios y besa al alma mía,
    Y sienta yo en mi frente bajo la tumba fría
    De tu ternura el soplo, de tu hálito el calor.

    Deja á la luna verme con luz tranquila y suave;
    Deja que el alba envíe su resplandor fugaz,
    Deja gemir al viento con su murmullo grave,
    Y si desciende y posa sobre mi cruz un ave
    Deja que el ave entone su cantico de paz.

    Deja que el sol ardiendo las lluvias evapore
    Y al cielo tornen puras con mi clamor en pos,
    Deja que un sér amigo mi fin temprano llore
    Y en las serenas tardes cuando por mi alguien ore
    Ora tambien, Oh Patria, por mi descanso á Dios!

    Ora por todos cuantos murieron sin ventura,
    Por cuantos padecieron tormentos sin igual,
    Por nuestras pobres madres que gimen su amargura;
    Por huérfanos y viudas, por presos en tortura
    Y ora por tí que veas tu redencion final....
    Alex

    RispondiElimina
  3. Ciao Elena,

    grazie del commento. Ci sono di sicuro posti al mondo che stanno peggio delle Filippine. Il Brasile sta vivendo un periodo di riscatto e di crescita, grazie all'impegno di un presidente valido e di una popolazione volonterosa e fiduciosa. Che sia d'esempio ai tanti paesi che, rassegnati, dicono tanto non cambierà mai nulla. Come sempre sono gli uomini a fare la differenza tra bene e male.

    Grazie della visita, a presto,
    HP

    RispondiElimina
  4. ciao Alex,

    grazie del commento e dell'apprezzamento.

    Forse un giorno nascerà un nuovo José Rizal, forse è già nato e noi non lo sappiamo, ma pare difficile che riesca a diventare più vecchio dell'originale... visti i mezzi brutali a cui ricorrono certi ladroni e assassini al potere.

    Grazie della visita e per la citazione dell'ultima poesia di Rizal, a presto,
    HP

    RispondiElimina