Abituati alla giustizia torpida e lassista dei nostri lidi, fa clamore e scandalo leggere di condanne a morte comminate in Asia a trafficanti di droga. Ancor più scalpore – episodio di questi giorni - suscita il sapere che l’imputata sia una nonna inglese. Uno se le figura sempre in qualche casa in pietra scura, nella piovosa campagna britannica, dedite a crear trine all’uncinetto presso un caminetto che dispensa un tepore dolce e profumato di legna. Invece qualche intraprendente e insospettabile avola, forse stufa di sferruzzare e in cerca di emozioni forti, decide di trasportare all'estero ingenti quantità di droga in valigia. Probabilmente mal consigliata, perché ad essere beccata in dogana in certi posti dove per tali commerci non c’è clemenza, va sempre a finire malamente.
Come è capitato a Lindsay Sandiford, condannata dal tribunale di Bali alla pena capitale per esser stata sorpresa con rimpiattati nel bagaglio quasi cinque chili di eroina, che cercava di far entrare nella Rimini dell’Indonesia. Ennesima prova del fatto che le leggi draconiane di Singapore, Malaysia e Indonesia in tema di traffico di droghe son roba seria.
Dodici anni fa scrivevo un racconto, rimasto inedito. Eccolo: oggi è più che mai attuale. Dedicato a tutti gli irresponsabili – giovani e vecchi, è il caso di dire – che credono ancora alle favole.
Avviso ai naviganti
Un inglese è stato condannato a morte a Kuala Lumpur per traffico di eroina. Duecento grammi. Ha commentato la sentenza applaudendo sarcasticamente all’indirizzo del giudice, donna e – si suppone, dal nome – mussulmana.
Vorrei che questo fosse un avviso ai naviganti. Ai troppi, voglio sperare pochi, ma pur sempre troppi, giovani incoscienti che pensano che con certe leggi e certi moniti si possa scherzare. Non ai professionisti della morte, che quelli sanno bene a che cosa vanno incontro se colti sul fatto, ed in fondo una dose di rischio fa parte del gioco sporco del narcotraffico.
Parlo invece agli stupidi, sbruffoni forse, ragazzi che pensano, ma cosa vuoi che mi facciano se mi porto qualche dose, in fondo è per me. E invece no. Quando sei sull’aereo, e compili la carta d’immigrazione, che ci sia la pena di morte obbligatoria per i trafficanti di droga te lo scrivono in rosso, bello evidente (capita arrivando in Malaysia, a Singapore, nelle Filippine). Non bastasse, mezzora prima dell’atterraggio, un messaggio preregistrato ti ricorda che sei ancora in tempo a disfarti di imbarazzanti fardelli, prima che sia troppo tardi.
Pena di morte. Obbligatoria. Non sperare di incappare nel giudice che trova simpatica la tua faccia da bravo ragazzo. Qui i giudici, come la legge, non devono avere senso dell’umorismo. E se pure ne avessero, sono tenuti a non esercitarlo quando indossano la toga.
Ma più di tutto questo, se il gusto di rischiare la tua pelle non ti ha ancora abbandonato, sappi che non basta essere straniero per garantirsi l’immunità dalle leggi, implacabili contro gli spacciatori di morte. E qui ne basta veramente poca, di morte in forma di polvere bianca, per essere considerati spacciatori e non dipendenti dal vizio.
Mi è tornato in mente un vecchio film, Fuga di mezzanotte, in cui un giovane americano viene pizzicato in Turchia, e passa le sue, fino all’immancabile lieto fine. Duro quel film, bello e cattivo. Ma all’americana, con la vittima (vittima?) che alla fine torna a casa, almeno salva seppur non completamente sana.
Qui è la realtà, non la finzione filmica. E non è così. Ragazzo, lasciala a casa. Tutta. Dai retta. Oppure prova ad immaginare che effetto ti farebbe sentire dire: sei condannato ad essere riportato in prigione e da qui in un luogo dove sarai appeso per il collo finché non sopraggiunga la morte. Questa è la formula che pronuncia il giudice, ed è a te che parla. Pensaci. Molto, ma molto bene. Perché la vita non è un film, e la parola fine non scorrerebbe su di te che all’alba esci dalla prigione e ti avvii verso la libertà. Scorrerebbe sui tuoi piedi penzolanti. Ma tu i titoli di coda non li vedresti. Il buio sarebbe già sceso sui tuoi occhi, il film della tua vita concluso così.
Prima redazione : giugno 2001
Sembra che in Indonesia siano molto forti per condannare a morte qualche mulo come la signora Sandiford. Invece un po' meno quando si tratta dei pezzi grossi che l'hanno inviata a Bali con la valigia traboccante di eroina. Sono sicuro che i boss della droga devono tremare e perdere il sonno davanti alla sorte di Lindsay Sandiford ! Noto, inoltre, che l'inglese non è stata condannata a morte per il traffico di droga (il ministero pubblico aveva chiesto 15 anni di carcere) ma per avere danneggiato l'immagine turistica di Bali !
RispondiEliminaAlex
Ciao Alex,
RispondiEliminaUna risposta veloce perche' sono di corsa... Ma torno tra qualche giorno con calma.
HP
Se per aver rovinato l'immagine turistica italiana fosse prevista la pena di morte, qui vi sarebbe un energico sfoltimento demografico.
RispondiEliminaTesea