martedì 2 agosto 2011

Il paese dei balocchi - 1a parte

Boys and their toys.

Dice la battuta: la differenza tra uomini e bambini è il prezzo dei loro giocattoli. Verissimo.

Akihabara è il paese dei balocchi di Tokyo. Ufficialmente si definisce la città dell’elettronica, con grandi magazzini multipiano strabuzzanti tutte le ultime novità tecnologiche. In realtà il quartiere si sta trasformando, per occuparsi di una fascia ancora più ampia di clientela. E così, tra sale giochi estese come dei bazar e negozi di elettronica che ti permettono di vedere nel futuro, sapendo già quelle che fra tre anni da noi saranno chiamate le novità del settore, sono sorti nuovi centri commerciali di nicchia. E la nicchia – facilmente intuibile – è il sesso e le sue variazioni sul tema.

Liceali forever

È notoria la passione dei giapponesi per i travestimenti (sebbene anche in Italia di recente si sia rivalorizzata, ed ai massimi livelli, questa peculiare interpretazione del gioco erotico), unita ad una fissazione quasi morbosa per la giovane età. Che sudata, è difficile parlare di certi argomenti senza scadere nella volgarità! Andiamo avanti. Piantato proprio in mezzo alle costruzioni che ospitano televisori delle prossime quattro generazioni, macchine fotografiche a cinque zeri, videocamere tridimensionali (in uno slancio di onanismo televisivo mi sono tolto il gusto di rimirarmi in una tivu, nello splendore non dei settanta millimetri ma di tutte le mie dimensioni, con gli occhialetti del caso, ripreso da una intimidatoria – per l’aspetto e per il prezzo – apparecchiatura in tre-dì con due obiettivi che ti guardano come occhi strabici), ecco un emporio che non ti aspetti.

Otto piani, non di morbidezza, ma di abbigliamento per trasformare qualsiasi donna in una studentessa liceale. Uniformi a perdita d’occhio, già cominciando dalle vetrine. Figuriamoci dentro. Ed un volgare motto edonistico che dice, ricco è bello: no goods, no life. Alla faccia dei poveracci che non si possono permettere di vestire la propria amante come una scolaretta. Del resto, se sono poveracci, non si possono permettere neppure l’amante. Che costa come una Ferrari, ma consuma molto di più. Problema risolto.

Fanciulle, volete portarvi a casa un ricordo di come apparireste vestite da geisha piuttosto che da scolara (o forse cameriera) sexy? Facile. Basta mettersi dietro al simulacro con il buco per la faccia. Con tanto di fumetto con la scritta, udite udite, in ITALIANO! Ti voglio tanto. Più chiaro di così. Secondo me l’italiano, e non il francese, deve essere la lingua del peccato per i giapponesi. Tipo la scena di Un pesce di nome Wanda, dove John Cleese parla in russo a Jamie Lee Curtis, e lei si rotola per terra dalla smania, ma al contrario. Sentirsi mormorare frasi sensuali nella lingua di Dante da una trentenne travestita da collegiale sedicenne deve farli arrapare come dei babbuini. Non c’è altra spiegazione.


Il bizzarro diario di Akihabara continua domani... qui.

4 commenti:

  1. Non mi sorprende che sia in italiano ! L'Italia è l'altro paese della donna oggetto. In Giappone : i manga, in Italia : la tivu. I due paesi devono condividere lo stesso lessico. In francese non sarebbe possibile, il vocabolario è più ristretto...Per esempio nel mondo televisivo : non esistono le parole : velina, bombardina, porcellina, ballerina...
    Ovviamente, ci sarebbe un'altra possibilità : i turisti italiani frequentano con assiduità i maid café di Akihabara....
    Alex

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  2. Ciao Alex,

    grazie della visita e del commento. Sì, effettivamente di recente abbiamo fatto scuola in quanto a regressione del ruolo della donna nella società...

    Abbiamo più ruoli ( e neologismi appena creati) in televisione che nella vita reale, per le donne. Purchè non pretendano di dimostrare che pensano perfino.

    Ciao, a presto,
    HP

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  3. E i medokissa メイド喫茶 dove li mettiamo? nel 2005 quando ci sono stato la prima volta Akihabara aveva ancora qualcosa della vecchia fiera per geek, il negozio di robot, i venditori di componenti elettronici sotto la galleria...
    Ora e' meta solo per hotaku (quando va bene) o hentai...

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  4. Ciao Uberto,

    grazie della visita e del commento. Non mi è capitato di frequentare i locali che citi, nè ne subisco il fascino. Preferisco ricordare Akihabara come la citi tu, quella di qualche anno fa, quando era ancora la fiera dell'elettronica e dei giochi, frequentata da impallinati che erano in grado di mettersi insieme un'apparecchiatura partendo dai componenti acquistati lì...

    Ciao, a presto,
    HP

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