Perché qui siamo, e non a Natale. Ma è quanto di più inusuale – e edificante – mi sia capitato da parecchio tempo.
Allora, fate bene attenzione alla sequenza di eventi. E soprattutto alla cascata di nazionalità, razze, colori, credi che – mischiati in un ribollente melting pot – vanno a creare questo racconto.
Shanghai, Cina (1). Venerdì di Pasqua. Due australiani (2) ed un italiano (3) decidono di salutarsi in una churrascaria brasiliana (4) dove una manager filippina (5) li accoglie e offre loro un palco di proscenio, proprio davanti alla musica dal vivo, stante una vecchia amicizia con l'italiano di cui sopra.
Tre cariocas, un colossale nero dal sorriso contagioso alle congas e due ragazze che da ogni poro sprizzano gioia ed energia, alle tastiere ed alle percussioni le più varie, sviluppano il loro consueto trascinante repertorio fatto di garote di Ipanema, di immancabili Terrasamba, di dolci Araketu, di trascinanti percussioni che sembra di essere in un sambodromo e non a Shanghai.
Accanto al tavolo assortito c'è una famigliola. Lui, lei vistosamente incinta, e una bimba di un paio di anni che si gira ad ogni piè sospinto ad osservare questi curiosi stranieri che ridono, mangiano, bevono, cantano e perfino ballano al ritmo delle passionali e quasi erotiche percussioni di quell'avvincente sorriso femminile brasiliano che inebria e trascina sulla immaginaria pista da ballo.
Due domande di rito alla famiglia di vicini di tavolo, che scattano sempre in terra straniera, la curiosità più forte del ritegno: di dove siete? Israele (6), è la risposta. Sono stati in Australia, proprio a Melbourne, ma hanno belle parole anche per l'Italia.
Poi l'italiano si alza per servirsi di un pudim de leite che non dico sembri di essere a Salvador de Bahia ma quasi. Un paio di ragazze belle e appena velate, ma con colori sgargianti che le fanno supporre mussulmane ma non poi così osservanti, sono lì a cincischiare con piattini zuccherosi e di improbabili frutti tropicali. La inguaribile curiosità del piccione viaggiatore ha la meglio sulla correttezza verso donne che non conosce, né che dovrebbe approcciare così sfacciatamente: di dove siete? Saudite (7), rispondono all'unisono le due. Chi l'avrebbe detto che lontano da casa si permettano look così poco coprenti e modesti?
Abbiamo fatto il giro del mondo. E mondi lontani, apparentemente. Ma i piccoli miracoli succedono.
Ignari – forse – gli uni dell'esistenza degli altri, la piccola cucciola dai capelli corvini di una di quelle ragazze saudite va a zonzo per il locale, e si ferma, di tanti tavoli, proprio a quello degli israeliani. La mamma carezza per un momento sul testolino quella creatura così differente ma poi così uguale alla sua.
I bambini sono totalmente avulsi dalle tristezze dell'umanità. Quelle piccole, tenerissime coccole verso una bambina sconosciuta, che un domani potrebbe diventare una nemica ma oggi è solo una figlia come la loro, sono state un'illuminazione e la fonte per il racconto di Pasqua. Come meglio celebrare una microscopica vittoria dell'umanità sulle brutture del mondo?
In quel momento ho capito che siamo noi, gli adulti, il problema. I bambini, nella loro innocente incoscienza, sono molto più saggi. Non ci sono razze, religioni, fazioni, partiti, squadre che fomentino l'odio. Solo puro, primordiale bisogno d'amore. E scusate se è poco.