lunedì 28 maggio 2012

S.O.S.

Metti che, una decina di anni fa, tu sia in vacanza in un paese centroamericano. Su una barca. Che tu abbia a cuore la sorte di certe specie di animali, minacciate di estinzione dall’uomo scriteriato. Che tu assista alla crudele – e, per inciso, illecita – fine fatta da degli squali, mutilati da vivi delle pinne e poi ributtati in mare, condannati a una morte lenta e atroce per asfissia, perché senza pinne non son capaci di nuotare, e se non nuotano l’acqua non filtra nelle branchie irrorandole di ossigeno.

Metti che tu provi a opporti a questa barbarie. E che i vili delinquenti, feccia umana al servizio delle mafie, cerchino di speronarti. Per poi andare a dire che invece eri tu a tentare di affondarli, mentre esercitavano il loro diritto a torturare dei pesci con la sola colpa di aver delle pinne appetite dai cinesi.

Metti che questi sadici, invece di limitarsi a menzionare l’increscioso episodio in qualche localaccio da angiporto frequentato da baldracche in disarmo, lo vadano a raccontare alla polizia. E che parta una denuncia internazionale nei tuoi confronti. Con tanto di richiesta di estradizione, per comparire davanti ad un tribunale del Costa Rica, dove verrai processato e rischi di finire in galera, magari per un bel pezzo.

Metti infine che, dopo essere stata dormiente per un decennio, qualcuno decida di rispolverare quella citazione in giudizio, perché nel frattempo forse hai dato fastidio agli interessi di qualche lobby di ipocriti assassini, riducendo sensibilmente il loro sporco giro d’affari.

Credo non piacerebbe a nessuno trovarsi in un ginepraio del genere. Ma proprio questo sta accadendo in questi giorni – salvo il fatto che non fosse in Centroamerica per una vacanza – a Paul Watson. Arrestato a Francoforte l’altra domenica, con sulla testa una richiesta di estradizione verso il Costa Rica, accusato – ribaltando la realtà dei fatti – di tentato omicidio, ha trascorso qualche giorno in cella, per poi essere rilasciato su cauzione, ma con obbligo di non lasciare la Germania fino alla decisione del giudice se estradarlo o meno.

Quando viaggio, non sempre riesco a tenermi aggiornato sui fatti del mondo. Solo l’altro giorno, di ritorno a casa, ho scoperto che il capitano coraggioso stava passando dei seri guai. E mi è presa un’irrazionale rabbia, perché forse, pur nel mio piccolo, avrei potuto contribuire a fare informazione, affinchè chi ha a cuore le sorti della natura scrivesse alle autorità tedesche, per caldeggiare sia la liberazione di Paul Watson sia la ricusazione della richiesta di estradizione.

Per fortuna moltissimi sapevano, e hanno risposto agli inviti di Sea Shepherd. Migliaia di email hanno testimoniato quanto sia importante che il capitano possa continuare la sua crociata ecologista, contro chi fa strage di balene, delfini, pescicani ed altri grandi abitatori dei mari. In Germania, ma anche in Italia, sono stati esposti striscioni di supporto: S.O.S. Save our skipper.

Salviamo il nostro capitano. Perché colpire Paul Watson significa lasciare al loro destino di morte e di sofferenza centinaia di balene, migliaia di delfini, milioni di squali.

Chi pensa che lo squalo sia l’animale più pericoloso del mare si sbaglia di grosso. Per qualche decina di umani attaccati dai Big White sulle coste australiane o della California, ogni anno – provate a dire un numero... - settanta milioni di squali vengono uccisi, e spesso amputati da vivi, per le loro pregiate pinne. Ora chi è il vero terrore del mare: il pescecane o l’uomo?

S.O.S. Lo chiede la natura. Perché gli squali appartengono agli oceani, e non alle zuppe di qualche cinese arricchito in vena di esotiche estrosità culinarie.



2 commenti:

  1. Sono furibonda e inorridita.
    Perchè nessuno organizza una sorta di mossad segreto che colpisca e annienti tutti quegli assassini?
    Tesea

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  2. perchè purtroppo, cara Tesea, ci sono interessi miliardari dietro a queste indiscriminate e scriteriate cacce.

    E per un capitan Watson, che rischia di suo galera e anche la pelle, ci sono troppi che si arricchiscono alla faccia della natura.

    Per fortuna perfino della gente apparentemente insensibile come i cinesi sta cominciando a cambiare atteggiamento. Sempre più locali stanno bandendo la zuppa di pinne di pescecane dai loro menu. Gente come Yao Ming, il famoso cestista, fa campagne contro il consumo di tale vivanda.

    C'è forse luce in fondo al tunnel. Basta che laggiù ci rimanga almeno qualche squalo vivo...

    Grazie della visita e del sentito commento, a presto,
    HP

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