giovedì 10 febbraio 2011

Brutti, sporchi ma non cattivi (I dimenticati)

Tian Jinzhen semina riso e granturco, coltiva tabacco. Tian Jinzhen irriga i due ettari di terra che accudisce. Tian Jinzhen spande fertilizzante e falcia il raccolto a mano. Tian Jinzhen si someggia a spalle quaranta chili di spighe e fogliami in un viaggio solo dai campi a casa.

Tian Jinzhen non è un contadino cinese. È una contadina. Come milioni (quasi cinquanta) di altre donne, lasciate sole da mariti partiti in cerca di miglior fortuna come lavoratori migranti, torna a casa dopo una giornata di lavoro in campagna, si occupa degli anziani suoceri, pensa ai figli che studiano in qualche lontano collegio, pagato coi miseri proventi della terra, uniti ai soldi raggranellati dal coniuge in una miniera del freddo nord (duemila euro all’anno). Poi, rassettata l’umile dimora, va a dormire, per rialzarsi all’alba del giorno dopo. E ricominciare, tra dolori ormai cronici alla schiena e alle ginocchia, la sua estenuata vita di cavallo da tiro. Confessa Tian: quando mi sveglio ogni mattina vorrei dormire per sempre. Ma non è possibile: la mia intera famiglia conta su di me, e non posso deluderli.

Chi della Cina ha conosciuto solo la scintillante e frettolosa Shanghai, la superba e vasta Pechino, l’impetuoso e convulso Guangdong, non percepisce il dramma di una generazione di donne contadine. Abbandonate a se stesse, vedono il marito una volta all’anno, per i pochi giorni della celebrazione del Capodanno Lunare, e poi ripiombano nella loro onerosa solitudine. Uniche responsabili della cura dei figli, invecchiano precocemente, fiaccate da una vita di stenti e di fatiche corporee costanti e disumane.

Ogni tanto perfino queste coppie male in arnese hanno la fortuna di venire a rendere omaggio al miracolo di crescita di un’altra Cina, di cui non hanno beneficiato, visitando, spesso unico viaggio della loro vita ai limiti della sopravvivenza, una megalopoli da venti milioni di abitanti. Turisti, per favore: non fissate con sdegno o derisione quei poveri paesani arruffati, sporchi, malvestiti, con le mani callose e le unghie incorniciate a lutto. Non canzonate quegli sguardi sbigottiti, impauriti quasi, negli occhi stanchi dal troppo e disagevole viaggiare. Immaginate piuttosto lo choc di queste anime ingenue, passate dal loro villaggio immoto e remoto alle meraviglie altissime e corrusche dei grattacieli infiniti di Shanghai, oppure al serpente interminabile della Grande Muraglia, che percorrono con trepidazione e reverenza, quasi temessero di danneggiarla con la loro incerta andatura rurale. Pensate all’emozione nel varcare il maestoso portone della Città Proibita, un tempo riservata al solo imperatore e alla sua corte di concubine, ed oggi democraticamente aperta all’accoglienza dei più dimessi lavoratori della terra.

E infine riflettete per un attimo: se tutti i giorni al mercato, nei grandi magazzini, sui banchetti improvvisati per la strada e nei vostri ristoranti favoriti trovate riso candido e caldo, verdure croccanti appena scottate al vapore, frutta sugosa e profumata, tè benefico e corroborante, dovete dire grazie a questa sterminata armata Brancaleone di brutti, sporchi ma non cattivi. Che lavorano come delle bestie perché i propri figli non si debbano spaccare la schiena chini nelle risaie o morire come dei topi o di silicosi nelle miniere insidiose e malsane.

Quando vi lamentate dell’ora di straordinario da fare in ufficio, pensate a Tian Jinzhen.

Agli italiani, noti meteoropatici che quando cadono quattro gocce considerano la giornata rovinata, dedico l’immagine disperata di un contadino del sud della Cina. Non chiede altro al cielo se non un po’ di pioggia, per poter nutrire moglie e figlio coi magri proventi del suo raccolto. Quest’anno, se continua così, si prevede la peggior siccità in almeno sessant’anni, nel cuore meridionale del continente cinese. Milioni di persone prive di acqua corrente. La stagione dei cereali compromessa. Il riso a Shanghai è già aumentato, in vista di massicce spedizioni al sud affamato dall’aridità. Il tè, vanto dello Yunnan, fino a ieri verde paradiso dall’eterna primavera, raddoppierà le sue già ragguardevoli quotazioni, rendendo la bevanda nazionale una cosa da ceto abbiente.

La vera ricchezza non sono i soldi. È l’acqua. Ricordatevelo, la prossima volta che lasciate inutilmente il rubinetto aperto, “tanto che vuoi che sia, di acqua ce n’è quanta ne vuoi e non costa nulla”. Ora vallo a dire a lui.


Prima pubblicazione : 27 marzo 2010

8 commenti:

  1. Leggendo delle condizioni - e dell'eroismo - di questi sfortunati contadini, mi chiedo quali possano essere quelle degli animali, domestici e non, ancora più sfortunati di loro.
    Tesea

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  2. Tesea,

    innanzi tutto bentornata. Era un pochino che non ti vedevo. Lieto che tu riappaia, in mezzo al tuo daffare, per passare a leggermi.

    Giusta osservazione la tua. Se così vivono gli uomini, immaginati un po' gli animali. Eppure ti posso assicurare - per averlo visto con i miei occhi - che c'è più rispetto e cura da parte dei contadini, verso cani, gatti ed anche animali da cortile, o da cibo, nei confronti di tanti altri che vivono in città. Per non parlare delle cose che si leggono in Italia, i mille casi di sevizie su bestie colpevoli solo di fidarsi degli uomini.

    Poi ci sono i casi di maltrattamenti, che tutti conosciamo: gli orsi. I cani e i gatti scuoiati per farne pellicce. Le capre e le galline date in pasto alle tigri. Le stesse tigri, cacciate per le loro ossa. Mille crudeltà. Tutte basate sul profitto. Uomini senza anima che torturano o uccidono animali per arricchirsi.

    I contadini no. Hanno l'atavico rispetto per le bestie con cui condividono l'esistenza.

    Grazie della visita, a presto,
    HP

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  3. Immutabile. Una volta, i soldati dell'imperatore Qin furono alla base dell'impero cinese, oggi, i mingong sono la carne da cannone del miracolo economico cinese...
    Per quanto riguarda le donne, io vorrei essere ottimista. Le ragazze non avranno lo stesso destino delle madre. Oggi, per esse, c'è comunque la possibilità di migrare, lavorare in fabbrica, vivere in città, emanciparsi in qualche modo...lo so non sembra qualcosa di inviadibile e comunque difficile da realizzare ma sempre meglio di una vita di contadina.
    Lo dico perché nel 2009, ci avevi consigliato un libro di Xinran : the good women of Cina (grazie wordpress !)...Ho letto anche : les baguettes chinoises (miss chopsticks in inglese)...insomma, mio commento scaturisce dalla lettura di questo libro :
    http://www.suite101.com/content/miss-chopsticks-by-xinran---book-review-a343469
    Molto interessante confrontarsi con questo post sulla condizione femminile in Cina.
    Alex

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  4. Per capire ,bisogna toccare con mano,altrimenti le cose viste in tv o su internet non ti lasciano il segno,sono come un film della durata di qualche minuto

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  5. In Cina ci sono due miliardi di abitanti, e le differenze economiche fra città e campagna sono abissali, come passare dall'africa agli stati uniti...

    Pensa a questa gente, che non trova lavoro nelle grandi città, forse perchè non molto istruiti, che migra negli altri paesi...
    Ho sentito milanesi dire che li vogliono invadere e comandare, come se anche gli italiani non avessero migrato in altri paesi, creando le varie little italy nelle città americane

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  6. Ciao Alex,

    grazie del commento, interessante come sempre. Citi un libro che non conosco e che cercherò. Bella la definizione dei mingong: la carne da cannone del miracolo economico cinese. Purtroppo vera, come nell'accezione originale. Lavoratori talvolta sacrificabili alla logica del profitto selvaggio. Alcune volte (per fortuna rare ed ora addirittura perseguite) tenuti in condizioni di vera schiavitù.

    Buon weekend, a presto,
    HP

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  7. Ciao Anonimo,

    certo, l'unica maniera per cercare di capire è vedere dal vivo. E nemmeno è detto che basti.

    Comunque quello che si vede in tv o su internet offre una visione parziale del continente cinese.

    Grazie della visita e del commento, a presto,
    HP

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  8. Ciao Palle Quadre,

    grazie del commento! E' sempre piacevole ascoltare voci differenti dei lettori.

    Molto gustosa la battuta che riporti. Sarei proprio curioso di ascoltare di persona i commenti di questi milanesi. Invadere la Cina? E soprattutto comandarla? Ah!! Questa è proprio buona.

    Andrà di lusso se non accadrà in contrario, e prima di quanto questi milanesi (che evidentemente vivono sulla luna, per essere così mal informati sulle proporzioni del mondo) si possano aspettare. I cinesi non sbandierano a destra e a manca la loro volontà di conquista e di comando. Parlano poco, ma fanno i fatti. Cari milanesi, aprite gli occhi.

    Grazie della visita, a presto,
    HP

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