sabato 25 febbraio 2012

Sarariman

È dura la vita del sarariman. Gli orari d’ufficio sono oltraggiosi: nessuno esce puntuale, perché sarebbe dimostrazione di poco attaccamento all’azienda. Bisogna star lì fino alle sette o alle otto, magari inventandosi qualcosa da far finta di fare, perché di andarsene prima del capufficio non se parla proprio. A questo si aggiungono le svariate ore quotidiane (fino a quattro in una metropoli come Tokyo) necessarie per il tragitto da pendolare. E quando il capo chiama, è indispensabile essere presenti all’appello serale tra colleghi in qualche ristorante, dove si mangia poco ma ci si deve cimentare in bevute epocali, o in un karaoke, altra fonte di stress, perché non si posson fare figuracce da pressappochista stonando o scordando i testi, quindi – nel raro tempo libero – si frequenta una scuola di canto.

Davvero dura la vita del sarariman. Che talvolta, la sera, si riduce così.


Cosa non si fa per tenersi un posto di lavoro.



7 commenti:

  1. Mi sembra logico!!!
    Il posto di lavoro è importantissimo è quello che tutta la vita ti permette di vivere,di essere qualcuno e non un parassita!!Non esiste cosa peggiore quello di rispondere NON lavoro! la parola NON è già negativa,in se.Bisogna veramente riuscire ad amare il proprio lavoro,e non far finta,chi finge soffre non può essere efficace.

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  2. Ma i veri responsabili sono i genitori!che spesso anche davanti ai figli dicono che odiano il lavoro,che contano sulle lotterie!!è ovvio che un figlio vedendo l'esempio del padre il lavoro a sua volta lo vedrà come una punizione.

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  3. Anonimo, grazie del tuo contributo. La prossima volta, anche si ti inventi un nome o uno pseudonimo, firmati. Mi piace dialogare con qualcuno che posso indirizzare con un nome.

    Certo che il posto di lavoro è importante. Oggi nella società italiana sta diventando sempre più difficile trovarne, e talvolta anche mantenere il proprio.

    Non tutti hanno la fortuna (che io peraltro ho) di amare il proprio lavoro. E' questione di accettare quello che di brutto prima o poi ti arriva addosso, e di apprezzare quello che di bello ti offre. Esattamente come funziona nella vita.

    Ciò non toglie che la vita di questi milioni di sarariman nipponici sia dura, scandita da ritmi paranoici, imbottita di mille regole da rispettare e guai a trasgredirne una.

    C'è da meravigliarsi che i giapponesi continuino a riprodursi: per far ciò occorre una dose d'energia che, pur modesta, spesso la gente pare non avere più, tutta intenta come è a lavorare, lavorare, lavorare. E ancora lavorare.

    Forse i figli li faranno nel weekend. Chissà.

    Grazie della visita e del commento, a presto, (spero con una tua firma in fondo)
    HP

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  4. Credo che il lavoro si apprezzi soprattutto quando non lo si ha.
    A meno di amarlo e divertirsici, quando poi lo si ha si pensa con rammarico a tutte le cose interessanti che si potrebbero fare in sua vece.
    Tesea

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  5. Ciao Tesea,

    questo è vero. Come è vero per molte, molte cose nella vita, che apprezzi quando non le hai.

    Non è sempre facile trovare un lavoro che piaccia. Ancor più difficile è continuare a farselo piacere dopo parecchio tempo.

    Ho sempre sostenuto: trova un lavoro che ti piace, e non lavorerai mai un giorno in vita tua.

    L'ideale è riuscire a mantenere vivo il rapporto con il proprio lavoro, e nel frattempo riuscire anche a fare le cose interessanti di cui parli...

    Buon weekend, a presto,
    HP

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  6. Caro collega, leggo il tuo blog durante la pausa pranzo, fra un borsch ed un pirog, e devo dire che rispondendo ad Anonimo condivido la dedizione al lavoro, ma quando questa diventa estrema come nel caso dei Sarariman, mi pare nascondere o una condizione di patologia, oppure un grande vuoto nella vita personale-familiare.
    Per fortuna anche io ho un bel lavoro che amo, che mi ha fatto girare e scoprire come gira il mondo, ma da quando sono sposato con una bravissima donna, ho capito anche quanto sia bella ed importante la vita familiare.
    Per tutti i Sarariman (e leccapiedi) di questo mondo, ricordatevi che ovunque -e specie in Italia- quando le ditte non hanno piu' bisogno, ci impiegano poco a disfarsi di noi, e tutte le notti passate in treno, che ne so, da Mosca a Saratov, o Stavropol, o Kirov, per andare a vendere qualcosa, non contano nulla.
    Prima di chiudere, ricordo a tutti una frase della canzone di Franco Battiato "Up Patriots to arms", che mi sembra perfettamente adattabile anche a questa discussione: " chi vi credete che noi siamo, per i capelli che portiamo, noi siamo come lucciole, che stanno nelle tenebre..."
    Capito? La vita e' bella ed e' molto corta, quindi lavoro si, ma non dimenticandosi di vivere; anche perche' ora che siamo in aria di delenda Cartago, ovvero delenda art.18, molti di noi saranno licenziati e chi non ha altra vita al di fuori del lavoro, dovra' darsi altre dimensioni e misurare la propria prontezza di affrontare questa nuova dimensione, molto ben definita dalla strofa di Battiato.
    Ciao, caro HP, arriverci a presto!

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  7. ciao Danilo,

    grazie del tuo lungo e articolato commento. Meriterebbe di essere preso a spunto per un post a se stante.

    Condivisibile. Mai diventare schiavi del lavoro, al punto da non avere altri interessi nella vita.

    Tornato dalla Cina, rispondo piano piano a tutti i commenti.

    Grazie della pazienza e a presto!
    HP

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