Ogni epoca ha avuto le sue. Fomentavano discussioni da bar o dibattiti post-scolastici. Sport e musica i campi applicativi. Binda o Girardengo. Coppi o Bartali. Mazzinghi o Benvenuti. Mazzola o Rivera. Claudio Villa o Gianni Morandi. I ragazzi della mia generazione erano divisi in due schieramenti. O di qua, o di là. Nessun compromesso: o Beatles o Rolling Stones.
I Rolling Stones, nonni rock, inossidabili dinosauri incartapecoriti, a volte inaspettatamente ricompaiono ancora alla ribalta della cronaca. I Beatles, ahimè, dissolto il gruppo già alla fine dei fricchettoni anni sessanta, sono rimasti in due su quattro. George Harrison portato via da un cancro attribuito al troppo fumare. John Lennon rubato da una di quelle morti tragiche e imbecilli, assassinato sotto casa da uno squilibrato una fredda serata di trent’anni fa.
Da ormai antico fan dei Beatles, ho a lungo covato un irrazionale risentimento nei confronti della pietra dello scandalo, quella che è stata da molti additata come la causa dello scioglimento dei fab four: Yoko Ono. Ma il tempo porta consiglio, ed è giunto il momento di riconciliarsi con i fantasmi di un passato irripetibile.
Yoko Ono, settantasettenne signora in nero, si racconta e fornisce di sé un ritratto sorprendente. Proprio vero. Per cercare di capire le persone, bisogna conoscere le società alle quali appartengono. Allora si apprezza che figura inaspettata e particolare sia stata la giovane Yoko quando, contro tutte le convenzioni giapponesi, decise di vivere con un hippie malvestito e capellone. Ebbe pure l’ardire di presentarlo a dei genitori ricchissimi, elitari al punto da sfiorare gli ambienti di corte imperiale, tradizionali come solo l’alta borghesia nipponica sa essere. La famiglia di Yoko vanta antenati di rango, famosi già nel milleottocento, perfino ospitati nei libri dei personaggi notevoli, orgoglio del Giappone moderno.
Un aneddoto: il signor Zenjiro Yasuda, bisnonno di Yoko, fu uomo di grande visione e di fruttifera intraprendenza. Fondò banche che lo resero un riccone. Ma fu altresì uomo estroso e anticonformista. Al punto da osare di rifiutare un’onorificenza imperiale, che lo avrebbe fatto barone.
Anche John, come Yasuda, aveva rinunciato ad un titolo dalla sua Regina, per protestare contro il ruolo inglese nella guerra del Biafra e la posizione del governo nei confronti della guerra americana in Vietnam. E fu naturalmente colpito da tanto ardire e originalità da parte dell’antenato di Yoko. Questo sono io in un’altra vita, le disse osservando una foto dell’avolo Yasuda. Non te lo augurare, replicò Yoko: il bisnonno morì assassinato.
Amara premonizione di un destino comune, che avrebbe portato via John di lì a pochi anni, come già il benefattore Yasuda era stato ucciso da un fanatico ultranazionalista.
La morte insensata e crudele di John fa rifugiare Yoko in ricordi sereni e spensierati dei tempi trascorsi col compagno di vita e di lotte pacifiste, nella sua terra d’origine. Un Giappone intimo e nascosto dagli sguardi indiscreti dei turisti, località montane che hanno conservato come cimeli le foto di questa coppia così inverosimile, lei l’aristocratica fuggita dalla gabbia d’oro per amore di un menestrello e per di più gaijin. Inconcepibile a Tokyo. Ma non in questi luoghi silenziosi ed immutabili, un Giappone bucolico sonnolento e stupefatto.
Oggi qui Yoko riassapora una stagione straordinaria della propria vita. Interrotta brutalmente e irreversibilmente da quei quattro colpi di pistola che hanno portato via, non solo a lei, ma anche a tutti noi, il creatore di Imagine.
A distanza di trent’anni abbiamo capito: John ci manca, ma non quanto a te. Per questo, Yoko, noi vecchi fan dei quattro ragazzi di Liverpool ti ringraziamo. Perché nella irreparabile perdita, sei stata l’unica capace di ricreare l’eterno miracolo della vita, che ci porta indietro nel tempo e ci fa illudere che John sia ancora vivo: Sean Lennon.
Prima pubblicazione : 8 aprile 2010
Dedicato a John, che oggi avrebbe compiuto settant’anni. E a Yoko, vedova di un mito, dedita alla difficile e dolorosa arte della memoria. Alla giapponese.
RispondiEliminaHP
Ogni antico o nuovo fan dei Beatles ha un nome in giapponese : ちょきんばこ
RispondiEliminaAlex
ciao Alex,
RispondiEliminadi certo ogni fan, nuovo o antico, significa un arricchimento - e non solo spirituale - per i Fab Two, e gli eredi degli altri due ormai trapassati. Meglio a loro che a tanti inascoltabili cani odierni.
A distanza di quarant'anni la musica dei Beatles fa ancora sognare, innamorare, provare emozioni.
Grazie della visita e del commento, a presto,
HP
E' grave che gli odierni cani (chiedo perdono a quelli a 4 zampe per l'oltraggiosa identificazione) abbiano tanto successo, e che le nuove generazioni e i media scambino per musica cacofonici rumori.
RispondiEliminaTesea
Lo so, Tesea, è più che grave, è scandaloso, è un insulto per la musica vera. Ma che vuoi farci? Sembra anche questa una china in continua discesa, senza vedere all'orizzonte alcuna possibilità di risalire almeno un po'...
RispondiEliminaGrazie del commento, a presto,
HP