Contadini generosi
Dopo un pomeriggio trascorso su per le colline, apprezzando l’opera sapiente e indefessa dei raccoglitori, il cortese e intelligente comproprietario dell’azienda mi ha organizzato una vera sorpresa, assai gradita perchè sono uno straniero curioso, voglioso di conoscere e di immergermi nella realtà locale: invece di portarmi in qualche ristorante, magari di quelli tristissimi con qualche pretesa di posticcio lusso, abbiamo cenato nel cortile di una casa del villaggio, ospitati dalle famiglie dei raccoglitori di tè, che hanno imbandito un desco normale, senza orpelli, forse giusto un po’ più abbondante del solito, ma allegro e saporito perché fatto dei genuini frutti che madre Terra offre loro, ed accompagnato da un distillato fatto in casa di sapore delizioso, trasparente come certe grappe, spillate di frodo da rudi montanari valdostani, che bevevo trent’anni fa con i compagni di vacanza invernale e che, per la purezza del liquido, avevamo soprannominato la Sangemini.
Un mangiare ed un bere di schietta sostanza, comunitariamente seduti su dei panchettini attorno ad un basso tavolo con tutte le portate esibite lì, pronte alla presa con dei bastoncini consunti dall’uso. Le donne andavano e venivano dalla cucina recando verdure, zuppe, pollami e riso fumante, profumato e candido, i bambini ridevano giocando d’intorno con svaghi autentici, cuccioli di cane da trastullare, biciclette e tricicli malfermi, pattini inchiodati da antiche ruggini, tuttora ignari, beati loro, dell’esistenza di videogiochi e altre diavolerie elettroniche che tolgono ogni fisicità alla ricreazione.
Alla fine un vecchio bellissimo, il volto riarso dal sole ed affrescato da profonde rughe, con una sorprendente capigliatura folta e corvina, terminate le libagioni si è messo a fumare, accendendo del tabacco dentro al piccolo camino laterale di un grosso trombone ligneo. Non ho potuto non fotografarlo. Era il ritratto della serenità, derivata da una vita naturale, dai ritmi stabiliti dalle stagioni e non dal calendario, con le giornate scandite dall’alternarsi di luna e sole, e non dall’affannoso trascorrere del tempo comprovato dalle irrequiete lancette dell’orologio. Un’esistenza fondata su valori basilari, ancora beneficamente non inquinata dalla tecnologia.
Come dappertutto in Cina, si cena presto, prima che il sole tramonti. Una certezza rassicurante, quel disco infiammato che va a riposare dietro alle colline. Domani tornerà di nuovo a riscaldare, a dar luce, a fornire energia alla natura che cresce giorno dopo giorno e porta un sudato eppur modesto benessere, in questa landa lontana da palazzi, lussi, ostentazioni e status symbol.
Il tè ha fatto bene a questa gente, mi dice il padrone della collina. Prima non avevano nemmeno l’elettricità al villaggio. Ora hanno perfino le parabole per guardare la televisione. Allora, mentre condividevo la visione di uno straordinario tramonto con questi contadini spontanei e premurosi, mi è venuto da riflettere. C’è chi parla di rispetto della biodiversità. Chi sostiene che le monocoltivazioni fanno male all’ecologia. Chi manifesta contro il lucro di tirannici padroni sfruttatori di sottopagata manodopera. Tutto questo dal comodo divano di casa propria, magari nel quartiere residenziale di una città fatta di cemento. Con luce disponibile dietro ogni interruttore, acqua sollecita e potabile al girar di rubinetti cromati, gas infinito al semplice sfarfallar di manopole con l’accensione piezoelettrica, e termostati talmente intelligenti da far trovare un caldo focolare anche a distratti padroni di casa senza orari. E col supermercato sotto casa traboccante di ogni ben di dio, che basta aver la moneta per il carrello e la carta di credito danarosa per portarsi a casa spese monumentali, senza bisogno di interrogarsi che fatica manuale c’è dietro a quei banconi pieni di cibarie.
Andiamo a raccontare la favola della biodiversità a chi fino a ieri dormiva per terra e cucinava raccogliendo fascine e dando loro fuoco nella cucina fatta di mattoni. E l’unico divertimento che si poteva permettere, nella sera illuminata da una candela o dal lume a canfino, era quello millenario, gratuito, che ha portato la generazione di oggi ad esserci. Ascoltiamo quello che hanno da dire questi cinesi, grati a chi ha portato loro delle condizioni di vita più accettabili. Gente che ti apre la porta di casa, ti ospita nel cortile collettivo, ti cucina i suoi cibi semplici e saporitissimi, ti offre un tè giovane e straordinario con cui nessun negozio potrebbe mai competere, non importa quanto altisonante e orpellosa la confezione. E si congeda regalandoti una bottiglia di plastica della Sprite piena di un’acquavite pura come l’acqua di fonte. Contadini generosi, ancora scevri dell’invidia da possesso. Mai mi sono sentito così sicuro e insieme ben accetto in alcun posto – dei non pochi che ho visitato – come in questo lontano scorcio dello Yunnan rurale.
E dopo cena? A domani, per la quarta e ultima parte del racconto.
Prima pubblicazione : 4 giugno 2009
Decisamente un viaggio straordinario !
RispondiEliminaLa giovane donna che prepara il tè nel cortile potrebbe dare lezioni a tutti i maestri giapponesi del tè.
"questa parola tè mi accasciò. In quel mondo, non ci sono uomini più immodesti degli amanti della ceremonia del tè. Limitano il loro piccolo territorio nell'ampio universo poetico e si ci rannicchiano con un'estrema vanagloria, con un'estrema compunzione, con un'estrema grettezza, senza altra necessita che di bere della schiuma e congratularsi.....
- Lei dice tè : lei parla della ceremonia del tè ?
- Non affatto, non è formale. Se non vi piace. Nessuno vi costringerà a bere.
- In queste condizioni, potrei berne un sorso.
- Mio padre adora esibire i suoi accessori, lei dice ridendo.
- occorrerà che faccia complimenti ?
- E' un uomo vecchio. Se ne fate. Sarà contento.
- Allora, non mancherò farne un po'.
- Siate generoso: fatene molto !
(Soseki : guanciale d'erba).
Alex
ciao Alex,
RispondiEliminasì, è stato un weekend davvero speciale. Di quelli che ti fanno sentire insieme quanto valga la pena vivere e quanto ci sia da imparare ogni singolo giorno.
Bella questa tua citazione di Soseki. E' la seconda volta che ne parli. Bisognerà proprio che cerchi il libro che segnali.
Grazie della visita e del commento, a presto,
HP