Sono passate a malapena tre settimane dal mio racconto Vietato ai minori. E si continua a morire per mano di idioti ubriachi. È una lotta impari, quella contro l’imbecillità umana. Ma non per questo smetterò di lottare. Di parlare. Di maledire chi ammazza con un’arma più subdola di un fucile a pompa: l’auto, come dicono in America, DUI. Driven Under Influence. Guidata sotto l’influenza, tout court, sottinteso di alcool o di droga. Stamani presto, nel piacentino, tre morti, due ragazze e un ragazzo, passeggeri, no, anzi, prigionieri di un assassino. L’unico sopravvissuto dell’ennesima demenza alcolica. Mi domando come abbiano fatto a tirarlo fuori vivo da quell’involucro orrendamente esploso, a cui solo una portiera dà ancora delle vaghe sembianze di una vettura.
Quattro famiglie staranno soffrendo, imprecando, rimpiangendo atrocemente di non aver saputo o potuto evitare questi lutti assurdi. Non posso far altro che provare un’immensa pena, che però non restituirà la vita a quei giovani persi. Ma posso, e voglio, continuare i miei appelli, i miei inviti, i miei racconti.
Per questo ripropongo oggi una storia con delle analogie, narrata dalla Cina circa un anno fa.
Carcere a vita per cinque vite
Ergastolo per un ubriaco al volante. No, non è uscito di nuovo Il Male, coi suoi titoli esorbitanti. È quanto succede oggi in Cina. Ma bisogna ascoltare, riflettere, confrontarsi con quella società così differente dalla nostra, prima di emettere giudizi lapidari, sempre facili dal comodo del nostro divano.
Spinto dalla curiosità suscitata da tutto un altro titolo di un nostro giornale online (ultime ore di speranza per l’inglese condannato a morte in Cina) faccio una delle mie consuete visite di verifica su China Daily. Organo ufficiale, quindi soggetto ai severi filtri ideologici del partito, è pur sempre informazione, anche se ci fa vedere la Cina come la vogliono conosciuta i dirigenti di Pechino. Ossia, in uno slancio di trasparenza verso il mondo esterno che pochi decenni fa sarebbe stato inconcepibile, con le sue notizie luttuose, con le sue malefatte, certo, ma anche con una rassicurante certezza della pena, comminata con un’ansiosa celerità, perché qui tutto viaggia due marce più veloce che altrove, il progresso, la crescita economica, l’arricchimento, ma altresì la corruzione, l’arroganza del potere economico, la disarmonia tra città ricche e campagne povere, e quindi occorre limitare i danni, punire chi abusa del proprio ruolo, fare capire che chi sbaglia paga, e paga salato, mica una ramanzina e via.
Non una parola oggi sul giustiziando Akmal Shaikh, arrivato all’aeroporto di Urumqi con quattro chili di eroina. In Cina per chi ne importa oltre 50 grammi c’è la pena di morte. Il signore in oggetto ne aveva con sé ottanta volte tanti. Pena comminata. Verificata. Ratificata dalla corte suprema. Erano cinquant’anni che uno straniero non veniva condannato a morte in Cina. E allora? Vuol dire che finora si erano comportati bene. O forse gli era sempre andata di lusso. Per qualcuno (che portava quattro chili di eroina con sé) non è stato così. Gli appelli degli inglesi andranno inascoltati. Questo è un esempio. Punirne uno per educarne cento, che va sempre di moda.
Un altro esempio, quasi passato inosservato, della longa manus cinese: vari fomentatori uiguri dello Xinjiang che hanno ammazzato degli Han durante le sommosse di luglio, sono poi scappati in Cambogia nella speranza di sfuggire al processo. La Cambogia, una volta presi, ha dichiarato: sono immigrati illegali e potenziali criminali. Ha negato loro alcuna forma di asilo e li ha restituiti alla Cina. Dove verranno processati per i crimini di cui sono accusati.
Ma veniamo all’episodio del giorno. Ubriaco al volante condannato all’ergastolo. Esagerazioni cinesi? Vediamo i fatti. Il trenta giugno scorso (si noti bene, meno di sei mesi fa: qualcuno può citarmi una causa in Italia, sia pur per un cane che ha pisciato sulle ruote di una macchina, che abbia raggiunto un verdetto in tale lasso di tempo??) Zhang Mingbao, di Nanjing, ubriaco fradicio (cinque volte oltre il limite di alcool nel sangue ammesso in Cina), alla guida della sua Buick, ha falciato nove persone e sei veicoli. Risultato : cinque morti, quattro feriti.
Ha pianto ed ha chiesto perdono al processo. Ha venduto la sua casa (Zhang era il padrone di un’agenzia immobiliare) per risarcire i parenti delle vittime. Ma questo non è stato sufficiente a garantirgli una sentenza clemente. Punito con l’ergastolo, per avere ucciso cinque persone ed avere messo a repentaglio la sicurezza pubblica.
Credete che si siano sollevati cori di dissenso verso una sentenza così apparentemente spropositata? Tutt’altro. I parenti delle vittime si sono dichiarati insoddisfatti, definendo la sentenza troppo indulgente. Volevano la pena di morte. Quell’assassino mi ha portato via una figlia – incinta di otto mesi -, un nipotino mai nato, un buon genero, dice Zheng Cuihong all’emissione della sentenza.
Lontanissima da me l’idea di giustificare, seppur minimamente, l’idiota Zhang. Ho sempre affermato con veemenza il fatto che chi ferisce o uccide al volante, se ubriaco, deve passare del gran tempo in galera. Per me ci dovrebbe trascorrere qualche nottata anche chi non fa incidenti, ma guida pieno di alcool. Giusto per fargli passare la voglia di rifarlo.
Però rifletto sulle mille volte in cui ho visto serate, iniziate all’insegna dell’allegria post-negoziale, svilupparsi in scriteriati agoni alcoolici, in cui l’incolpevole straniero veniva preso a bersaglio generalizzato di brindisi continui e insistenti fino alla noia. Quante volte ho osservato con orrore questa gentaglia traballante e assolutamente inadatta perfino a premere il pulsante del piano corretto in ascensore, avventurarsi fuori, esigere imperiosamente le chiavi della propria macchina dal parcheggiatore di turno e quindi eclissarsi nel traffico già caotico senza la loro irresponsabile presenza? Quante volte ho sentito storie di gente che può ringraziare di avere scelto robuste macchine di fabbricazione tedesca o svedese per essere ancora vivi e quindi aver facoltà di raccontare di come si era malamente accartocciata la vettura dopo che l’avevano guidata, nell’obnubilamento bacchico, contro un muro, eppure loro ne erano usciti con qualche graffio o poco più?
È questa l’incultura che la Cina dovrebbe combattere per prima. Lo so che è più facile metter leggi draconiane nei confronti di chi fa danni seri al volante, se sorpreso con tassi da coma etilico. Ma la cosa giusta da fare sarebbe convincere tutti questi sbevazzoni che non occorre conciarsi da sbatter via, per confermare la propria amichevole attitudine nei confronti dei commensali. Che non si è veri uomini solo se si è capaci di trangugiare tre bicchierozzi di liquore urticante e puzzolente a cinquanta gradi alcolici a stomaco vuoto. Che se spendi mille euro in un karaoke pagando da bere a quattro clienti e a quattro sfitinzie smaliziate che fanno finta di bere il tuo whisky da trecento euro la bottiglia, ma poi invece lo ripompano nel bicchierone di cocacola che simulano di bere subito dopo il brindisi, allora non sei un uomo d’affari: sei un coglione. Ecco, se a Pechino cercassero di far capire queste cose ai cinesi, allora forse non ci sarebbero più così tanti casi di ubriachi al volante che ammazzano e poi vanno portati davanti ad un tribunale, che non accontenta mai nessuno con le sue sentenze. Troppo severe, come dice la moglie di Zhang, che si vede privata a vita del supporto economico di un marito benestante. Troppo miti, come dice Zheng, il padre di due – anzi, tre – delle vittime.
Sono l’arroganza, l’ineducazione, il troppo repentino arricchimento che dà alla testa e causa delirii di onnipotenza, le vere cause di tanti piccoli, quotidiani disastri in una Cina squilibrata. Compresi quelli causati dai troppi ubriaconi alla guida.
Prima pubblicazione : 28 dicembre 2009