martedì 8 marzo 2011

1522

Scritto un annetto e mezzo fa, su un tema di cui non si parla mai abbastanza, lo voglio riproporre oggi. Dedicato a tutte le donne, nel giorno della loro festa istituzionale. Per non dimenticare l'orrore della violenza e lanciare un messaggio di speranza e di solidarietà.

1522

Tra tanti numeri telefonici inutili quando non dannosi per salute mentale e portafoglio (orride suonerie in abbonamento, concorsi a premi in cui non si vince mai, sondaggi ed elezioni di bighelloni televisivi privi di alcun valore aggiunto ma dotati di una facies denunciante un’assoluta inidoneità alla cultura, seppur la più elementare), ecco finalmente un facile numero da memorizzare, sperando peraltro che non debba mai servire ad alcuno di nostra conoscenza: 1522.

È la linea gratuita, attiva 24 ore su 24, a cui ogni donna vittima di una violenza può rivolgersi per cercare supporto sia psicologico che legale. Quanto ci sia necessità di questo servizio lo dicono alcune statistiche, di raccapricciante impatto con il crescere esponenziale delle cifre: in Italia il 32% delle donne ha subito una violenza fisica o sessuale. Il 70% degli stupri è opera del partner. Il 96% delle violenze non viene denunciato.

Solo il quattro per cento degli episodi di violenza viene rivelato. E mette in moto un sistema giudiziario spesso più acquiescente nei confronti del criminale che della vittima.

Per questo c’è bisogno di sollevare un velo sulla scandalosa omertà che ammanta questo universo di sopraffazioni, persecuzioni e torture. Ieri e oggi, in piazza Galimberti a Cuneo, parlano donne, leggendo storie e testimonianze di vittime che hanno avuto la fortuna di sopravvivere ai loro aguzzini. Un esercito di sagome riempie il selciato di sampietrini. Ogni sagoma racconta la vicenda di una donna. Nome, età, una data, la regione. Le silhouettes bianche sono quelle più fortunate: le sopravvissute. Quelle viola sono croci sepolcrali che gridano vendetta: donne assassinate da mariti, amanti, fratelli, partners o ex furibondi di gelosia.

Un rado ed infreddolito pubblico ascolta le ambasciatrici di tanto dolore. Scarni applausi concludono ogni intervento. Poco più in là si celebra la Fiera del marrone, appuntamento fisso annuale per ghiottoni alla ricerca della tradizione montanara che si sta lentamente assottigliando come i nostri poveri ghiacciai. La gente si accalca tra le bancherelle di miele, formaggi, patate, castagne e funghi. Pochi, troppo pochi si fermano oltre, per capire il senso di quel palco nella piazza.

Spendete qualche minuto ascoltando quelle storie strazianti. Fa male, lo so. Ma fa anche bene. Ci insegna a non avere paura. A trovare la forza, come le donne protagoniste di questi drammi, di uscire da un inferno di vessazioni, di crudeltà, di oppressione. C’è luce, in fondo al tunnel. Basta non chiudere gli occhi per non volerla vedere.


Prima pubblicazione : 17 ottobre 2009

4 commenti:

  1. Ho l'ufficio proprio in Piazza Galimberti, mi ricordo benissimo l'evento. Dopo il lavoro ero andata a "curiosare", perchè guardando dalla finestra non riuscivo a capire: mi si era accapponata la pelle leggendo le vicende sulle sagome.

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  2. Purtroppo è difficile scuotere le coscienze davanti l'indifferenza della gente. Colpisce questo post. Hai fatto bene a ripubblicarlo...
    Non sarà una buon anno per le donne. Nel mio paese eppure non vivo in Cina, Africa, Arabia Saudita...assassinare le donne è uno sport nazionale. Una donna viene uccisa da un uomo ogni due giorni si legge nel giornale di stamane...Come mi ha detto una mia collega di lavoro : "l'uomo è la sola specie animale che uccide la sua femmina ; colpa di un' ideologia, l'idea assurda che l'uomo sarebbe superiore alla donna...
    Alex

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  3. Ciao Anonima concittadina!

    Grazie del commento. E' lo stesso effetto che ha fatto a me, che ho trascorso un po' di tempo leggendo quelle sagome bianche e viola.

    Ho ripubblicato per invitare tutti a non dimenticare.

    Ciao, a presto,
    HP

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  4. Ciao Alex,

    grazie del commento, benchè triste. Ma bisogna prenderne coscienza, e non nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi.

    E' un'ottima osservazione , quella della tua collega. Colpa non solo del fatto che l'uomo si senta superiore alla donna. Spesso è colpa del concetto stesso del possesso. L'atavica gelosia ossessiva, che spinge al sillogismo o mia o di nessuno. Come se la donna fosse un oggetto di proprietà. Dai tempi degli antichi imperatori e faraoni, che venivano seppelliti con tutto il codazzo di mogli e concubine, non abbiamo fatto dei gran progressi. L'ho scritto in un vecchio post e lo ribadisco qui.

    Grazie della visita, a presto,
    HP

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