Terra di valori antichi che rischiano di perdersi, la Cina reagisce alle conseguenze delle sue rigide scelte demografiche.
La politica del figlio unico è la principale concausa del pessimo atteggiamento di molti adolescenti cinesi. Trattati come principini, esentati da qualsiasi fatica manuale, straviziati da genitori e nonni, serviti e riveriti, molti approfittano di questa situazione diseducativa e deludono le sole aspettative che i genitori ripongono in loro, mostrando zero interesse per lo studio, racimolando voti scadenti e talvolta scappando da casa o facendo le ore piccole in giro con gang di coetanei parimenti sbandati.
Hanno un solo ideale in testa. Altro che cultura, senso del dovere o modelli classici come farsi una posizione e una famiglia. Diventare ricchi, in fretta, e faticando poco. Tutto è loro dovuto, ed al primo ostacolo scoppiano i drammi, le ribellioni anche violente e le fughe da casa. Inconcepibile, nella Cina di una generazione fa. Genitori costernati, che si domandano ingenuamente in cosa hanno sbagliato. Dicendo che cercavano solo di dare ai figli una vita migliore di quella che hanno avuto loro, senza capire che i beni materiali da soli, senza una guida morale, senza un legame tra applicazione e ricompensa, stavano scavando la tomba della relazione familiare.
Xu Xiang Yang viene loro in soccorso, con un’idea semplice ma efficace che concepisce qualche anno fa, vedendo i figli di amici consumati in un vortice di infingardia e prepotenza.
Non è di certo il metodo Montessori. Ma funziona, con questi giovani ribelli che hanno perso il senso della famiglia (ammesso che ce l’abbiano mai avuto) e sono in rotta con i genitori. Una scuola peripatetica, della durata di un anno. Itinerante nel vero senso del termine, sposta i propri studenti indisciplinati da un luogo all’altro della Cina. A piedi. Marce fino a quaranta chilometri per volta. Arrivati a destino, ci si accampa come i militari. E come le truppe, tutti gli allievi (maschi e femmine) vestono tute mimetiche, per meglio ricordare che la disciplina è ferrea e non si sfugge alle punizioni.
Lo scopo delle marce è triplice, dice il maestro Xu: culturale, formativo del carattere, proficuo per il fisico. Si visitano luoghi che hanno fatto la storia della Cina. Si marcia nella neve, sotto la pioggia, con quaranta gradi e il sole che cuoce il cranio. Alla fine del tragitto gli allievi avranno percorso più di mille chilometri a piedi. Avranno portato a termine la loro personale grande marcia di maoista memoria per ritrovare – o scoprire – il proprio ruolo in famiglia.
L’obiettivo dichiarato (e raggiunto): forgiare il carattere attraverso le avversità. Sconfiggere, uno per uno, i nemici che si sono impossessati di menti immature e viziate: l’indisciplina, la pigrizia, l’egoismo, il sottrarsi alle responsabilità, che portano questi giovani ad essere dei codardi, dei fuggitivi, degli irresponsabili, dei subdoli piccoli manigoldi.
Si insegnano le faccende domestiche più elementari: rigovernare piatti e ciotole in cui si mangia, lavare a mano i vestiti in un catino d’acqua fredda, ripiegare ammodo le tute, fare il cubo col letto come a naia. Cose mai apprese a casa, dove tutto era dovuto a intoccabili reginette e scioperati tirannelli. Xu racconta con incredulità di aver visto genitori inginocchiarsi di fronte ai figli, altri chiamarli con appellativi di rispetto una volta dovuti ai dignitari di corte imperiale.
Gli studenti ricevono la posta a date fisse. Le visite dei parenti sono sconsigliate, sia per non interferire con il programma del corso sia per la sua natura girovaga che porta i ragazzi molto lontano dalle mura domestiche. La famiglia, che prima era disprezzata, viene improvvisamente rivalutata e agognata.
Disciplina e amore severo (bellissima definizione del maestro Xu) compiono il miracolo. Quei piccoli ribelli egoisti, dopo un anno di fatica fisica che quelle indolenti membra non avevano mai provato, sono pronti a rientrare in famiglia con una visione totalmente differente. Ragazzi che odiavano o volevano fuggire dai genitori scoprono giorno dopo giorno quanto hanno sbagliato, e quanta nostalgia provano per la tanto vituperata mamma. Spesso piangono al telefono, invocandola.
Ma Xu sa che i ragazzi sono solo la metà del problema. L’altra metà sono i genitori, che devono cambiare atteggiamento. Xu spiega loro che non è riempiendo i figli di falso benessere che si forma il giusto carattere, rendendolo pronto alle sfide della vita. Meno elargizioni di beni materiali, più comprensione e partecipazione. Le cose sono cambiate, insegna ai genitori con la tendenza a dire ai miei tempi. All’epoca non c’era la legge dell’unico erede, la pressione sui figli era distribuita tra vari fratelli e sorelle. Oggi il sogno di ogni genitore è che il suo solo rampollo eccella nella vita. La ricetta, purtroppo sbagliata, è: insistere a tutti i costi per farli studiare e, nell’illusoria speranza di non distrarli dal loro unico dovere, sollevarli da qualsiasi altra preoccupazione o responsabilità terrena, nel contempo riempiendoli di vizi e regali immeritati.
Per fortuna c’è il maestro Xu, con il suo senso del dovere verso le famiglie che a lui affidano dei figli da recuperare, e il suo amore severo che cura le malattie immaginarie di uno sbandato esercito infantile. Umano e comprensivo quando i piccoli allievi non fingono, inflessibile quando sa che cercano di approfittarsene. Sono gli stessi ragazzi a dire che è un giusto. Se vengono puniti – con ulteriori giri di corsa dopo le sfiancanti marce – è perché se lo sono meritato. Al termine dell’anno di camminate la ricompensa più bella per Xu è l’abbraccio di quei ragazzi alle madri che sono venute a riprenderseli. Dietro quella scorza dura, severa, militaresca, si intravede la soddisfazione di un uomo con una missione. I suoi occhi brillano mentre si congeda dai suoi ragazzetti redenti. Alcuni gli promettono lettere dove racconteranno dei loro progressi a scuola. Altri lo baciano timidamente sulla guancia. Xu sorride a tutti e li carezza paternamente sul capo rasato. Missione compiuta.
Prima pubblicazione : 25 febbraio 2009