martedì 23 novembre 2010

Il ritorno di Cronaca Vera

C’era una volta una rivista. Si chiamava Cronaca Vera. Esponeva invariabilmente in copertina delle prosperose fanciulle scollacciate, dallo sguardo languido e promettente paradisi di voluttà. Ma erano i suoi titoli la vera arma di seduzione di massa. Diciottenne violentata per dieci ore di fila dallo zio che la attira nel fienile con la scusa di mostrarle la nascita del vitellino. Erano talmente esorbitanti da suscitare ilarità anziché raccapriccio.

Tale rotocalco non era di esclusiva fruizione da parte di maschiacci allupati che lo compravano di sottecchi, alzandosi il bavero del cappotto, e avevano poi cura di intabarrarlo tra giornali filo-clericali e periodici per famiglie dabbene. Anzi, i racconti erano diretti ad entrambi i sessi, e talvolta miravano a risvegliare le sopite brame di signore al limitare della menopausa. Il luogo deputato alla lettura era la spiaggia. Dette signore, spaparanzate sulla sdraia, lardellate in costumi di due taglie più piccoli del necessario, simulavano scandalo e sbigottimento per le notizie, quasi esclusivamente piccanti, ma con qualche sapiente aggiunta di drammoni familiari, tipicamente stragi per inguaribili gelosie. In realtà, sorbivano con irrequieto rapimento le vicende quivi narrate, arrivavano talvolta a commentarle salacemente ad alta voce con le vicine di ombrellone, e non di rado perdevano di vista nipoti sparsi per il litorale a fare piste per le palline dei ciclisti o a scavare sul bagnasciuga infide e traditrici buche, nelle quali franavano vecchi ufficiali semiciechi che borbottavano che tempi che tempi.

Ieri sera per un attimo ho creduto di rivivere i fasti del mitico ebdomadario osé. Poi mi sono reso conto che stavo leggendo le pagine di attualità del The Straits Times, il quotidiano più diffuso di Singapore. Solo che certe storielle da copertina, Cronaca Vera, nonostante il titolo, se le inventava. Invece queste sei notizie sono reali.

Un indiano dell’Uttar Pradesh, sospettando che la moglie lo tradisse con un altro, ha risolto il problema... alla radice, tagliando il corpo del reato al rivale. Dopo averlo ubriacato, aiutato da due cognati, ha privato il trentaduenne signor Kumar (come dire il signor Rossi da noi) della possibilità di ulteriormente cornificarlo. Per sempre. La polizia non ha reso noto se i dottori sono riusciti nel delicato ricongiungimento tra Kumar e la di lui parte che lo ha messo nei guai.

Un cambogiano positivo all’HIV, tale Phat Sarath, è stato arrestato per aver avuto rapporti sessuali non protetti con una quindicenne priva di genitori, in un centro di raccolta per ammalati di AIDS che ospita anche degli orfani minorenni.

Pur sapendo benissimo di trasmettere la malattia, non ha usato condom nei suoi rapporti. Questo è imperdonabile. Così ha detto l’ufficiale di polizia che lo ha arrestato. Aggiungendo che la ragazza è stata pagata. Un euro. Per tre incontri.

Ho fatto fatica a convincermi di quello che stavo leggendo. Un euro. Ma davvero la vita di una minorenne vale così poco?

Ora il bastardo rischia trent’anni di galera, quindici per aver avuto rapporti con una minorenne, ed altri quindici per averli avuti non protetti, sapendo di infettarla del virus HIV.

Due australiani sono comparsi davanti al tribunale di Singapore, accusati di aver rubato i dischi rigidi di alcuni computers di un’azienda. Spionaggio militare o formule segrete per trasformare il piombo in oro? No. Semplicemente le lezioni di una scuola privata d’inglese, Total Literacy.

Se riconosciuti colpevoli dalla corte, rischiano tre anni di galera e 5.000 Euro di multa. Quando si è a Singapore, meglio rigare ben diritti. E questo è nulla. Aspettate e vedrete.

L’Alta Corte – sempre di Singapore – sta deliberando per decidere la punizione adeguata per un ruffiano che aveva combinato un incontro tra una prostituta cinese di 17 anni ed un cliente di 55 anni.

Il giornale sottolinea che sia il pappone sia la sua protetta sono cittadini cinesi. Nello scorso agosto, per il misfatto di cui sopra, era stato semplicemente multato di 4.000 Euro. L’Alta Corte ha deciso che non bastava e ha presentato appello alla sentenza, chiedendo una condanna tra 12 e 18 mesi.

Il conto totale presentato al prosseneta Wang era di quasi 13.000 Euro, perché oltre al lenocinio gli erano stati contestati altri tre reati: l’aver fatto entrare la minorenne straniera a Singapore, il vivere sfruttandola e il dirigere la sua attività fuorilegge nel suo bar nella zona malfamata di Singapore (non ci crederete, ma esiste davvero). Dichiarato insolvente, sta già scontando sei mesi di reclusione, condanna automatica per non aver pagato la multa. E intanto aspetta di sapere se vincerà un simpatico bonus per l’estensione del suo soggiorno nelle patrie galere.

Cronaca Vera non faceva mai mancare ai suoi lettori un bel servizio su assassini, meglio se maniaci, seriali o stragisti. Eccolo anche qui. A Jakarta, capitale indonesiana, centinaia di estremisti islamici hanno manifestato, cantando in coro Allah Akbar, contro l’imminente esecuzione dei tre terroristi condannati per la strage di Bali del 2002, in cui morirono – Saturday bloody Saturday – più di duecento persone, nella maggior parte turisti, novanta dei quali erano australiani.

I radicali hanno chiamato i tre assassini “guerrieri santi”, e minacciato di morte chi farà parte dei soldati fucilieri incaricati dell’esecuzione.

Il governo, in risposta alla civile manifestazione, ha fatto erigere, nella prigione sull’isola di Nusakambangan, i pali ai quali saranno assicurati i tre bombaroli, quando giungerà la loro ora. Che non pare lontana, in quanto fonti ufficiali informano che la fucilazione avverrà entro la metà di Novembre.

Amrozi, detto il terrorista sorridente, Mukhlas e Imam Samudra hanno dichiarato che non vedono l’ora di diventare ufficialmente dei martiri. Evidentemente la panzana delle Huri, le vergini del paradiso mussulmano, funziona sempre.

Ed ora veniamo al capolavoro, quello che il capo redattore di Cronaca Vera avrebbe sbattuto in prima pagina, accanto alla bellona con le puppe straripanti dal reggiseno e una criniera leonina di capelli biondi: uomo accusato per sesso orale.

Il signor Ahmad Dapon ha avuto la disgraziata idea di sperimentare tale disgustosa e riprovevole pratica, in casa propria – e per ben tre volte, razza di maiale – con la sua cameriera indonesiana. Il giornale, in uno slancio di buon gusto, non specifica chi ha fatto cosa a chi.

Embè, direte voi. Embè, a Singapore – ammonisce l’articolo – il sesso orale e quello innaturale (grandioso e farisaico eufemismo) sono reati, udite udite, punibili con una reclusione che va da dieci anni all’ergastolo, e/o una multa.

Ora, a parte il fatto che mi sembra che ci sia una certa differenza tra una multa, sia pur sostanziosa, e l’ergastolo, qualcuno mi deve spiegare come hanno fatto a scoprire la tresca. Vicini impiccioni con l’orecchio sul bicchiere attaccato alla parete? Il tapino si è vantato con gli amici al bar, e qualcuno, invidioso, ha fatto la spia agli sbirri? La cameriera, sindacalizzata, ha trovato da dire sulla liquidazione (absit iniuria verbo) e lo ha denunciato ai gendarmi preposti alla decenza pubblica e privata? E infine, come la mettiamo con le prove? È un processo indiziario, come quello di Clinton e della Lewinski?

Signorina, ci descriva nei dettagli il corpo del reato. Grazie, signorina, si può accomodare. Bene. Adesso la Corte chiede all’imputato di esibire il reperto numero uno alla giuria. Confronto all’americana. Sì, è proprio lui. L’identikit tracciato dalla testimone assomiglia in maniera impressionante all’indiziato. Calvo, con qualche ruga sul collo, corporatura tarchiata, leggero difetto fisico che lo porta a pendere innaturalmente a sinistra.

Il Pubblico Ministero ha avuto un’esitazione, quando, in vista della sentenza, ha dovuto pronunciare la frase di rito: imputato, alzatevi!

Prima pubblicazione : 8 novembre 2008

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