mercoledì 1 dicembre 2010

Highlandri

Hapax legomenon generato dall’incrocio tra Highlander e Melandri, l’architetto di Amici Miei. Ne rimarrà solo uno. Ora, con il grande vecchio che ha deciso di prendere in mano le sorti della sua decadenza e di darci un taglio netto, come ad una pellicola che non gli piaceva più, ecco che Gastone Moschin rimane davvero l’ultimo di quella stirpe di scanzonati buggeratori, di artisti della zingarata, di amanti a tutti i costi della vita che furono i protagonisti di un mito del cinema italiano.

Addio Mario. Voglio salutarti con un ringraziamento speciale. È da trentacinque anni che mi fai sbellicare con le gag di Amici Miei. Ma mi fai anche commuovere. Solo i grandi sanno miscelare così sapientemente lacrime e risate.

E nel dirti grazie, fedele al credo che la vita non va mai presa troppo sul serio, tanto nessuno ne uscirà vivo, ti offro un mio racconto, scritto un annetto fa, ed ispiratomi dall’immortale tua opera.

Culti alternativi

So di suscitare scandalo e orrore in più di una persona, con questa mia ammissione. Per troppo tempo ho tenuto in me questo segreto, domandandomi se mai avrei dovuto confessare un simile misfatto. Ma ora è giunto il tempo di denunciarlo.

Non ho mai visto neppure un episodio della saga di Guerre Stellari. La forza sia con te mi è sempre suonato come lo slogan di una palestra. Non ho mai apprezzato le mascherate carnascialesche rappresentanti personaggi ai quali non avrei nemmeno saputo dare un nome. Ammetto però di conoscere almeno i titoli dei film. Grazie a questi ho potuto apprezzare, in tutta la sua portata, una notizia straordinaria proveniente dal Regno di Albione.

Il fondatore della Chiesa dei Jedi è stato buttato fuori da un supermercato perché si rifiutava di togliersi di testa il cappuccio marrone, simbolo di appartenenza alla razza.

Davvero. Non sto scherzando. Non mi sono svegliato stamani in vena di facezie, pensando fra me e me, vediamo un po’ se riesco ad inventare una storia davvero assurda, una di quelle che, menzionate in un consesso di conoscenti, attirano spintoni amichevoli, grasse risate e inviti a raccontarla meno grossa.

Già il fatto che qualcuno abbia deciso di dare uno status religioso alla propria passione per la nota epopea filmica è piuttosto inquietante. Aggiungiamoci che l’appassionato cavaliere stellare ha un seguito di circa mezzo milione di fedeli. Che da bravo profeta ha redatto le regole dottrinali, le quali prevedono in quali luoghi è obbligatorio o facoltativo vestire il saio incappucciato da Jedi.

Infine, nella Terra del Diritto, l’intraprendente Morda Hehol (nome di battaglia di ben altra risonanza rispetto al banale anagrafico Daniel Jones, un tipico Mario Rossi inglese) sta meditando di citare in giudizio la catena di supermercati Tesco, in quanto i suoi impiegati “hanno offeso le sue convinzioni religiose” ed lo hanno sottoposto ad una “umiliazione emozionale”, ingiungendogli di rinunciare alla gualdrappa (i media stendono un velo pietoso sulla daga di luce: aveva forse il neon bruciato? Il mistero si infittisce).

Per fortuna gli emissari dell’illiberale grande magazzino non hanno smarrito il proverbiale humour inglese. Dichiarando, a chiosa dell’increscioso episodio di intimidazione e di discriminazione: se un Jedi cammina tra i nostri scaffali con il cappuccio tirato su, non ha un’idea di quante offerte speciali si perde.

Sono pronto a trasferirmi in Gran Bretagna. Laggiù potrò finalmente fondare, col beneplacito della Legge, il Culto di Amici Miei. Celebreremo insieme il valore fondante dell’amicizia. La sodalità sarà al centro della liturgia. Reciteremo sottovoce l’ode alla Supercazzola Prematurata. Ci riuniremo nelle principali stazioni ferroviarie, augurando il buon viaggio a schiaffi ai passeggeri in partenza (peccato che di treni coi finestrini apribili ce ne siano sempre di meno, e che ormai sia perfino caduto in disuso salutare dalla pensilina i parenti che partono). Faremo zingarate corali, che ci porteranno in giro per le campagne, escogitando e realizzando burle e scherzi geniali e caustici. Rideremo molto e di gusto, e di questa salutare pratica sarà piena la nostra religione.

Offensivo? Forse. Ma ho sempre ammirato la capacità di quei personaggi di ridere della vita. Di farsi beffe di destini diversi, non sempre propizi. Di reagire alle avversità non piangendosi addosso, non imprecando, non accusando uomini e dei di perfidia nei loro confronti. Di saper trasformare perfino il funerale di un’amico in un’unica, estrema occasione per canzonare, per giocare, per piangere e ridere insieme. Che, non so se ci avete fatto caso, quando cerchiamo di soffocarli si assomigliano maledettamente, al punto da non saperli più distinguere.

Se imparassimo a ridere anche un po’ della morte, esorcizzando il suo ruolo risolutivo, sono convinto che vivremmo meglio la nostra esistenza, alleviata dal peso di quell’oppressivo pensiero incombente di un destino che tanto, prima o poi, toccherà a tutti. Ridere ai funerali? Si può. Solo in Toscana.

Prima pubblicazione : 11 ottobre 2009

4 commenti:

  1. Amici miei
    Il regalo di un amico
    "I Viareggini alla fine dei lieti pranzi sono tutti bambini e fratelli, parlano di Viareggio, di come era fatta prima, del tale bizzaro, di quello burlone, del celebre carro carnevalesco, del Marchi, di Tonin di Burio, dei marinai famosi, di celebri ubriaconi, ripetono saporiti modi di dire, rievocano un mondo ingenuo e festoso, e mai più, mai più, mettono in ballo il denaro, la richezza ; se per caso qualcheduno di umore lugubre per caso la mette fuori subito lo tacitano, scansano le sue parole, vogliono diventare ancora più leggeri, ragazzi che passano nella vita ridendo" (Mario Tobino)
    Alex

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  2. Ciao Alex,

    che dire? :-))))

    Bella citazione. Tobino sta bene (da concittadini) con Monicelli, e con la truppa allegra di Amici Miei, anche se è ambientato a Firenze. Per lo spirito dissacrante, per la voglia di prendere in giro il mondo, e quindi se stessi.

    Grazie del bel commento, a presto,
    HP

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  3. Insomma, prendiamo le cose con ironia. E soprattutto con autoironia.
    Tesea

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  4. certo, Tesea.

    Un po' di ironia non ha mai fatto male, nella vita. Meglio ancora l'autoironia. Saper ridere di se stessi, dei propri difetti, è segno di intelligenza, di capacità di autocritica. I fondamenti per diventare una persona migliore.

    Grazie della visita e del commento, a presto,
    HP

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